Il microcredito e una reputazione da salvare
Il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus è accusato di aver approfittato di alcuni fondi per lo sviluppo
di Emanuele Menietti
Muhammad Yunus è un economista e banchiere bengalese che nel 2006 ha ricevuto il premio Nobel per la Pace per aver ideato il microcredito, un sistema che consente agli imprenditori troppo poveri che non otterrebbero credito dai circuiti bancari tradizionali di fare affidamento su un sistema di piccoli prestiti. Yunus è molto rispettato tra gli economisti alternativi e meno ortodossi, ma da alcune settimane è al centro di numerose critiche in seguito a un’inchiesta sulla scorretta gestione di alcuni fondi per lo sviluppo che il Nobel era chiamato ad amministrare.
Il caso è scoppiato dopo l’inchiesta “Intrappolato nel microcredito” andata in onda sull’emittente televisiva NRK della Norvegia, il paese che ospita il Comitato che ogni anno si occupa di assegnare il premio Nobel per la Pace. Secondo l’autore del reportage, Tom Heinemann, nel corso degli anni Yunus avrebbe dirottato alcuni fondi destinati allo sviluppo per sostenere altri progetti all’insaputa dei tanti paesi donatori come la Germania, i Paesi Bassi, la Norvergia, la Svezia e gli Stati Uniti, ricorda con un lungo articolo il settimanale tedesco Spiegel.
Nel 1996 Yunus fondò la controllata Grameen Kalyan (“benessere rurale”) per finanziare alcuni progetti benefici e per la costruzione di nuovi immobili. Secondo le ricerche di Heinemann, Yunus all’epoca trasferì circa 100 milioni di dollari (74,5 milioni di euro) dalla propria Grameen Bank alla Grameen Kalyan. Il denaro doveva essere utilizzato per i microprestiti, piccole somme di denaro che i poveri potevano utilizzare per comperare una mucca, delle sementi o un telefono cellulare per produrre latte, creare nuove coltivazioni o mettere in piedi un negozio di telefonia.
L’anno seguente l’ambasciata norvegese a Dhaka, la capitale del Bangladesh, scoprì che il denaro era stato utilizzato per un trasferimento di fondi e non per il microcredito, contravvenendo gli accordi che erano stati assunti con chi aveva donato il denaro. Yunus sulla vicenda fu molto generico e disse di aver agito così per alcune vaghe motivazioni legate al pagamento delle tasse. La spiegazione fu ritenuta poco soddisfacente dalle autorità norvegesi, ma la transazione ormai era avvenuta.
Da giorni l’economista cerca di smontare le accuse ricevute dall’inchiesta di Heinemann, producendo documenti e testimonianze per dimostrare la propria buona fede. La scelta di creare una controllata, spiega allo Spiegel, era stata dettata dalla necessità di aumentare la responsabilità dei dirigenti dell’istituto di credito, ponendo una sorta di società satellite di controllo per le attività della banca. La parte di denaro proveniente dalla Norvegia, pari a circa 30 milioni di dollari, fu trasferita nuovamente alla Grameen Bank nel 1998 per evitare qualsiasi tipo di contenzioso con la Norvegia. Nessun altro paese si lamentò, ma per precauzione e per evitare altri problemi, racconta sempre Yunus, la cifra rimanente venne trasferita nuovamente alla Grameen Bank.
L’inchiesta andata in onda lo scorso novembre ha comunque indotto il governo norvegese ad approfondire la vicenda. Un rapporto, esaminato dal Ministro per lo sviluppo estero del paese, Erik Solheim, ha considerato chiusa la vicenda. Nonostante ciò, i mezzi di comunicazione continuano ad accanirsi contro l’economista, seguendo la scia delle numerose critiche formulate dai detrattori e dai nemici che Yunus si è creato nel corso degli anni con le proprie attività.
Ciò che ha reso celebre Yunus è stata l’idea di offrire piccoli prestiti ai poveri per consentire loro di avviare le loro imprese, sfuggendo alla povertà. La storia è andata così: nel 1940 nacque nella città molto povera di Chittagong da una famiglia di gioiellieri e orafi. Studiò economia, ottenne un dottorato e un incarico come docente nel Tennessee (Stati Uniti), prima di tornare in patria per guidare il dipartimento di economia della Università di Chittagong.
Nel 1976, mentre si trovava in viaggio con i propri studenti, Yunus conobbe alcune donne che lavoravano il bambù per guadagnare qualche soldo e sopravvivere. Gli spiegarono che dovevano pagare tassi di interesse così alti sul denaro che avevano preso in prestito per acquistare il bambù da non essere in grado di trarre qualche profitto dal loro lavoro. Yunus allora decise di prestare 26 dollari di propria tasca a un tasso di interesse molto basso, rompendo il circolo vizioso dell’economia basata sul debito. Da lì nacque l’idea di trovare un sistema alternativo per i piccoli prestiti di denaro: il microcredito.
Qualche tempo dopo Yunus fondò la Grameen Bank e, grazie alle proprie attività e ai numerosi istituti di credito che hanno applicato la medesima idea, è riuscito ad arrivare a Oslo per ritirare il premio Nobel per la Pace nel 2006. Il riconoscimento gli ha dato molta fama, in Bangladesh l’economista è particolarmente amato, ma gli ha anche attirato numerose critiche. Chi gestisce i fondi per gli aiuti per lo sviluppo dei paesi poveri non è d’accordo con le posizioni di Yunus, che è ostile alla semplice distribuzione dei fondi senza un coinvolgimento attivo della popolazione e incentivi ad avviare piccole imprese. E poi ci sono i no-global che contestano l’economista per le sue idee a favore della globalizzazione, a detta sua la più grande occasione mai avuta nei tempi recenti dai paesi poveri per creare sviluppo.
Yunus ha anche alcuni nemici politici nel proprio paese. Il primo ministro Sheikh Hasina Wazed non ha mai nascosto le proprie antipatie per l’economista, anche in seguito alla sua scelta di fondare un partito politico: esperienza durata poco ma sufficiente per crearsi molti nuovi nemici. In seguito allo scandalo sollevato dall’inchiesta della TV norvegese, Hasina non ha risparmiato critiche nei confronti di Yunus, definendo le sue iniziative legate al microcredito un modo come un altro «per succhiare il sangue dai poveri in nome della riduzione della povertà».
Il problema per Muhammad Yunus è anche legato alla difficoltà che il sistema del microcredito sta incontrando in numerosi paesi, dove il meccanismo dei piccoli prestiti viene spesso applicato malamente. In India, per esempio, molte società hanno provato a imitare Grameen Bank, ma mirando a realizzare molti più profitti così da poter ottenere una quotazione in Borsa. Questo si traduce in tassi di interesse molto alti, anche per cifre esigue, difficili da restituire. Chi deve riscuotere le cifre di denaro usa spesso metodi spicci e intimidazioni verso i clienti e si sono già registrati alcuni casi di suicidio.
Un impiegato della banca giustifica gli alti tassi d’interesse dicendo che occorre sempre ricordare che la maggior parte dei micro prestiti, molti dei quali sono meno di 100 dollari, generano «costi amministrativi significativi». Inoltre, aggiunge, la banca non controlla la capacità di credito dei propri clienti, che sono quasi sempre donne, ed evita anche di applicare gli interessi nei casi di estrema povertà.
Yunus oggi rimpiange di aver accettato le donazioni all’inizio della propria attività. Quei fondi, però, servirono per creare la banca e dare il via al microcredito su larga scala. Già a metà anni Novanta l’economista si ripromise di non accettare più denaro e, ironia della sorte, i 100 milioni di dollari ricevuti nel 1996 che ora gli stanno causando tanti problemi facevano proprio parte dell’ultima tranche di finanziamenti che la banca avrebbe accettato.