Il primo ministro del Kosovo è un mafioso?
Il Guardian rivela un rapporto del Consiglio d'Europa sui crimini commessi durante e dopo la guerra
Hashim Thaçi, primo ministro del Kosovo, fa parte di una associazione criminale di stampo mafioso responsabile di traffico di armi, di droga e di organi umani. L’accusa è contenuta in una serie di documenti sul crimine organizzato in esame presso il Consiglio d’Europa e ottenuto, in esclusiva, dal quotidiano britannico Guardian. Stando alla documentazione, Thaçi avrebbe iniziato le proprie attività illecite a partire dal 1999, anno della guerra in Kosovo, cosa che gli avrebbe consentito di guadagnare il potere con maggiore facilità.
Il rapporto si basa su una indagine durata due anni e cita documenti e analisi realizzati da numerosi gruppi di intelligence, compresi i servizi segreti statunitensi. Nel corso degli ultimi dieci anni, il primo ministro del Kosovo avrebbe ottenuto con la violenza il controllo di buona parte del traffico di eroina nel paese. I collaboratori più stretti di Thaçi sono inoltre accusati di aver portato numerosi prigionieri oltre il confine in Albania, dove da tempo si sospetta che numerosi serbi siano stati uccisi per ottenere organi per il mercato nero.
A Pristina, la capitale del Kosovo, è stata da poco avviata una nuova azione legale per un sospetto caso di traffico d’organi scoperto dalle forze dell’ordine nel 2008. Gli organi sarebbero stati espiantati da alcune vittime presso la clinica Medicus da personaggi riconducibili all’esercito di liberazione del Kosovo (UCK) attivi a partire dal 2000.
Domani il rapporto anticipato dal Guardian sarà presentato ai rappresentati dei 47 Stati che fanno parte del Consiglio d’Europa nel corso di un incontro a Parigi. Secondo Dick Marty, il responsabile dei diritti umani che si sta occupando del caso, tutto sarebbe iniziato una decina di anni fa quando insieme ai propri collaboratori Thaçi ottenne il controllo di buona parte dello UCK.
Nel corso della guerra in Kosovo, l’esercito di Slobodan Milosevic rispose agli attacchi dello UCK dando vita a una terrificante pulizia etnica nei territori albanesi. Si stima che siano morte almeno diecimila persone per mano dei soldati serbi. Secondo Marty, la comunità internazionale avrebbe deplorato le atrocità condotte dai serbi ignorando i sospetti sulle azioni criminali condotte dallo UCK «mettendo a disposizione una ricompensa invece di cercare di raggiungere un certo grado di stabilità nel breve periodo».
Stando al rapporto, alcuni comandanti delle frange estreme dello UCK si sarebbero resi protagonisti di numerosi crimini e angherie. Nei documenti sulle attività illecite i nomi di Thaçi e del suo entourage sarebbero ricorrenti, a dimostrazione del coinvolgimento del primo ministro nei crimini commessi in questi ultimi anni.
La nuova indagine, che però non può avere alcun valore strettamente legale, arriva ad alcuni anni di distanza dai tentativi di Carla Del Ponte, l’ex procuratore capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, di avviare alcune indagini nei confronti dei leader dello UCK. Del Ponte ipotizzò il loro coinvolgimento nel traffico d’organi clandestino e le nuove analisi di Marty sembrano confermare quei sospetti. Alcuni settori dello UCK vicini a Thaçi si sarebbero occupati di sei diverse aree di detenzione nel nord dell’Albania. Sembra che le strutture fossero utilizzate per trattenere i prigionieri serbi, che in alcuni casi sarebbero stati poi portati in un mercato del pesce a nord di Tirana dove sarebbero stati uccisi per l’espianto dei loro reni:
Quando arrivava la conferma che i chirurghi erano pronti per operare, i prigionieri venivano portati fuori dalle loro “celle di sicurezza”, uccisi a sangue freddo da un membro dello UCK e successivamente trasportati rapidamente nel luogo in cui si sarebbe poi svolto l’espianto.
Il rapporto si conclude osservando come la comunità internazionale abbia sostanzialmente trascurato le atrocità e i crimini commessi da parte kosovara. Thaçi in questo senso è un caso emblematico: nonostante i numerosi sospetti sulle sue aderenze con ambienti criminali e con i crimini commessi durante la guerra del 1999, l’esponente di spicco dello UCK è diventato primo ministro e ha da poco ottenuto un nuovo mandato alle elezioni. Gli indizi di collusione secondo Marty sono talmente tanti da non poter essere più ignorati: «È un diritto fondamentale dei cittadini del Kosovo quello di sapere la verità, tutta la verità, ed è anche una condizione indispensabile per la riconciliazione tra le comunità e per il futuro del paese».