La lunga notte di Berlusconi
Marco Damilano riferisce i conti della vigilia e racconta com'è andato il giorno prima
L’eccitazione da “finalmente succede qualcosa” nella noiosa melina politica italiana ha avuto il risultato di aumentare l’assiduità dell’aggiornamento del blog di Marco Damilano, cronista e osservatore politico dell’Espresso. Lunedì sera ha pubblicato questo racconto delle concitate ore prima dello showdown di martedì.
Scene di caccia grossa a Montecitorio, all’imbrunire. “Guzzanti l’hai contato?”, chiede Nicola Cosentino a Mario Landolfi, gente che i conti li sa fare al millimetro. Sì, l’hanno contato, lo mettono tra quelli che domani salveranno Berlusconi, ma questa volta, forse, il calcolo è sbagliato:in serata arriva la notizia che il piccolo Pli, gli eredi di Cavour, Giolitti, Benedetto Croce, Malagodi e Zanone, ordina al suo unico deputato (Guzzanti, appunto) di staccare la spina. Nonostante i ripetuti appelli del Cavaliere agli “amici liberali”, con la dichiarata volontà di procedere a un non meglio precisato programma di privatizzazioni. Mario Pepe, il più lesto cacciatore di “coscienze” in azione, reclama addirittura una “seduta segreta” della Camera, prevista dalla Costituzione in casi straordinari, come se ci fosse la guerra. “Domani verranno quarantamila studenti a Roma per impedirci di votare”, sbraita Pepe. Accanto a lui gran consulto e gran movimento. Il trasfuga di Idv Scilipoti stramazza su una poltrona, con i deputati del Pd Fiano e Nannicini che provano a convincerlo almeno ad astenersi. Razzi, l’altro dipietrista passato con i berlusconiani, cotonato e phonato, si fa bello con le colleghe del Pdl, compagnia gradevole, uno dei vantaggi indubbi del cambio di campo. E riunioni, cene, telefoni staccati, per raccattare un voto in più o almeno toglierne uno al fronte avversario.
Sarà una lunga, lunghissima notte. Perché dieci ore di dibattito al Senato e alla Camera non sono bastati per stabilire cosa succederà domani al governo Berlusconi e alla legislatura. Anzi, al termine della giornata, il fumo è ancora più denso. Una sola cosa è chiara: il Berlusconi che ha preso la parola nell’aula di palazzo Madama alle 9.07 aveva in mano il boccino. Il Berlusconi che torna a parlare alle 19.17 a Montecitorio ripete le stesse identiche parole, gli stessi gesti, le stesse pause. Eppure, misteri della politica, il discorso che di prima mattina sembrava fortissimo, nel tardo pomeriggio è già lessato, bollito, svaporato. In dieci ore e dieci minuti l’apertura politica, la nuova fase, la pagina da aprire non c’è più, suona stanca. E Berlusconi è qui, appeso alle bizze di Guzzanti, alla gravidanza della Mogherini, ai Razzi e agli Scilipoti.
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