La guerra dell’Uruguay contro le sigarette
Le nuove regole contro il fumo non piacciono a Philip Morris che protesta con la Banca Mondiale
A partire dall’inizio di quest’anno, l’Uruguay ha deciso di intensificare la propria campagna contro il fumo, ma l’iniziativa non è piaciuta per niente alla Philip Morris. La grande multinazionale del tabacco ha deciso di protestare ufficialmente presso la Banca Mondiale, sostenendo che le nuove norme imposte ai produttori di tabacco dal paese sudamericano rischiano di compromettere seriamente gli affari della società. Quello tra Philip Morris e Uruguay è un piccolo contenzioso, ma potrebbe rivelarsi un caso emblematico nella lotta contro le multinazionali del tabacco, spiega Mac Margolis sul sito di Newsweek.
Il piccolo Uruguay (176mila chilometri quadrati, una volta e mezza le dimensioni di Cuba), con una popolazione di 3,5 milioni di persone e un prodotto interno lordo di 44 miliardi, ha inasprito le norme sulla vendita delle sigarette. Il colosso internazionale del tabacco, con un mercato pari a 107 miliardi di dollari e legioni di avvocati e lobbisti ben pagati tra Berna e l’area di Washington, ha colpito ancora, depositando una protesta presso il Centro internazionale per le dispute sugli accordi commerciali della Banca Mondiale. Il campo di battaglia è minuscolo, pari alla dimensione di un pacchetto di sigarette. Ma il caso sta aprendo nuovi scenari sulla sovranità degli Stati, il libero commercio e la salute pubblica che potrebbero durare a lungo. E nonostante tutto questo, l’Uruguay è rimasto fermo sulle proprie posizioni, dimostrando di poter combattere contro i giganti.
Tra i principali sostenitori delle nuove regole contro il fumo c’è il presidente dell’Uruguay, José Mujica, che ha iniziato il proprio mandato lo scorso marzo. Le autorità del paese hanno imposto alla Philip Morris di cambiare i pacchetti delle sigarette, inserendo avvisi sulla pericolosità delle sigarette accompagnati da immagini esplicite sulle possibili conseguenze causate dal fumo. Le illustrazioni prevedono fotografie di bambini malformati, malati terminali a letto e immagini dell’apparato respiratorio devastato dai tumori che possono essere causati dall’utilizzo delle sigarette.
La multinazionale del tabacco contesta le nuove norme non tanto per la natura delle immagini che è tenuta a stampare sulle confezioni, ma per l’obbligo di ricoprire almeno l’80% di ogni pacchetto con questo genere di avvisi, cosa che rende molto meno visibili e riconoscibili i marchi delle sigarette che Philip Morris vende nel paese. Secondo la società, questa condizione porterebbe a una sensibile riduzione dei profitti senza prevedere opportune compensazioni, violando gli accordi sul libero commercio tra l’Uruguay e la Svizzera, dove ha sede la multinazionale del tabacco. Da qui la protesta e la richiesta di danni presso la Banca Mondiale.
Per nulla intimorite dall’iniziativa della Philip Morris, le autorità dell’Uruguay si sono messe al lavoro per trovare un buon numero di alleati internazionale per sostenere la loro operazione. Fino a ora, 171 ministri della salute di altrettanti paesi hanno sostenuto l’iniziativa, così come l’Organizzazione Panamericana della Sanità e il sindaco di New York Michael Bloomberg, da tempo impegnato nella lotta contro il tabagismo. Il sindaco ha utilizzato parte dei fondi della propria organizzazione benefica per dare aiuto legale all’Uruguay «i cui leader hanno fatto la cosa giusta».
Il contenzioso sulle sigarette, che secondo gli esperti potrebbe richiedere almeno un paio di anni prima di essere risolto, dimostra anche quanto l’Uruguay si stia smarcando da buona parte degli stati sudamericani, diventando una specie di Hong Kong dell’America latina, spiegano gli analisti. Il presidente Mujica si è insediato solamente lo scorso marzo, ma in pochi mesi è comunque riuscito a imporre un’agenda che si sta rivelando efficace per il paese.
La spesa pubblica è stata ridotta sensibilmente e la proposta riforma del settore pubblico potrebbe consentire di risparmiare molte risorse, che potrebbero essere investite in altri settori. Gli interventi sulla pubblica amministrazione sono stati accolti con una serie di scioperi generali, ma Mujica sembra essere determinato ad andare avanti per la propria strada, come dimostra la recente richiesta agli impiegati pubblici di lavorare almeno sei ore al giorno.
La nuova amministrazione si può permettere iniziative incisive, come la battaglia contro il fumo, anche grazie al buon lavoro dei governi precedenti. Gli investimenti nell’istruzione, nel sistema sanitario e nelle infrastrutture hanno fatto aumentare il livello di benessere e stimolato l’economia su più fronti. Nonostante i difficili anni della crisi economica, il prodotto interno lordo del paese va verso un incremento annuo pari al 7,8%. Non a caso l’Uruguay è considerato lo stato più florido dell’intera America latina secondo numerose agenzie di rating internazionali.
Mujica ha anche raccolto l’eredità del proprio predecessore, l’ex presidente Tabaré Vasquez, un oncologo che nel corso del proprio mandato ha reso l’Uruguay un paese all’avanguardia nella lotta contro il fumo e nel contrasto alle grandi multinazionali del tabacco, come Philip Morris.