I “laici credenti” di Futuro e Libertà
Il manifesto "antilaicista" firmato da 35 parlamentari in cui si parla di " famiglia naturale costituita da due persone di sesso diverso"
Un gruppo di parlamentari di Futuro e Libertà – 24 deputati, otto senatori e tre parlamentari europei – ha presentato ieri un suo manifesto sui temi della politica, della religione, e della laicità dello stato, in cui gli elementi della fede sono però presenti, a partire dalla stessa autodefinizione di “laici credenti” e dalla spiegazione dell’onorevole Rosso: «Avevo visto che si descriveva Futuro e libertà come una formazione politica ultralaicista e allora ho pensato di mettere a punto un manifesto che dimostrasse che così non è»
L’ultimo ventennio ha visto una recrudescenza dei contrasti tra i sostenitori di una morale così detta «laica» e coloro che si ispirano ai precetti della morale cattolica. Il criterio di laicità è tuttavia figlio della rivelazione cristiana. Fu detto infatti «date a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare» (ammettendo così una ripartizione di competenze e di sovranità). L’assunzione di responsabilità politica da parte del credente lo pone perciò stesso sul piano della laicità, che si traduce nella responsabilità personale nel campo delle scelte normative, illuminate ma non coartate dalla rivelazione cristiana.
Siamo quindi tutti laici in politica. Vengono meno al loro compito quei neoclericali che assumono come loro dovere l’automatica trasposizione sul terreno normativo dei dogmi e degli insegnamenti della comunità cristiana. Compito della Chiesa è infatti, secondo l’insegnamento di Don Luigi Sturzo, quello di illuminare le coscienze, non quello di scrivere le leggi. Resta il terreno comune, a credenti e non credenti, dei principi di diritto naturale, che partono innanzitutto dalla difesa della dignità della persona umana. I diritti del nascituro, il rispetto della vita umana dal suo concepimento al suo termine naturale, il diritto del bambino ad essere adottato entro il perimetro di una famiglia naturale costituita da due persone di sesso diverso, non sono contestati da chi si attenga, nella prassi politica, ai principi del diritto naturale, sia egli credente o non credente.
Non altrettanto a dirsi per l’accanimento terapeutico sul fine vita o per la discriminazione che a tutt’oggi persiste in materia di assistenza sanitaria in ambito ospedaliero tra coppie omosessuali e famiglie etero sessuali fondate sul matrimonio.
Il Papa ha giustamente affermato che non soltanto la religione ha il compito di illuminare la ragione, ma che la stessa ragione ha il dovere di illuminare la religione e questo assunto non può valere soltanto per chi discrimina la donna in seno alla compagine sociale, come ancor oggi accade nell’ambito di alcune religioni, ma anche per talune incrostazioni storiche della coscienza religiosa cristiana che una più attenta analisi razionale potrà aiutare a rimuovere (basti pensare a come il Concilio Vaticano secondo ha rivalutato il piacere sessuale nell’ambito del matrimonio come bene elargito da Dio ai coniugi, rispetto alle vecchie concezioni un po’ sesso fobiche di tanto clero preconciliare). Esistono poi, anche al di fuori del rispetto per la sacralità della vita, elementi di giusnaturalismo cui i laici, credenti o non credenti, hanno il dovere di attenersi.
Il riconoscimento e la tutela della famiglia come cellula originaria e fondante la società e lo Stato, così come la rappresenta la nostra Costituzione, imporrebbe una coerente azione politica volta ad applicare il quoziente familiare nel sistema di esazione fiscale; il buono scuola per garantire il diritto educativo dei figli in capo ai genitori; il buono salute per consentire a tutte le famiglie, a prescindere dal loro stato economico e sociale, di scegliere liberamente all’interno dell’offerta del sistema sanitario.
Il riconoscimento e la tutela dei diritti dei rifugiati politici e religiosi in seno alla nostra comunità nazionale – così come garantito dalla Costituzione – comporterebbe il dovere di non opporsi in sede parlamentare a che i cofirmatari con l’Italia di trattati internazionali sul respingimento in mare dei clandestini assicurino, a casa propria, il rispetto della convenzione dell’ONU volta a tutelare da violenze e soprusi chi è in fuga da Paesi nei quali le loro libertà politiche e religiose siano state gravemente conculcate.
Nel momento in cui ci proponiamo di governare una comunità nazionale plurireligiosa – anche se fondata su radici culturali cristiane – e plurietnica, anche se con una millenaria compagine sociale in virtù della quale – da svariati secoli – si può legittimamente parlare di gens italica, noi dobbiamo guardarci da due rischi contrapposti ma analogamente pericolosi: il radicalismo individualista e il clericalismo integralista. Dobbiamo recuperare le radici che esprimono la centralità della persona umana e del diritto naturale poste a base della prima parte della nostra Costituzione per costruire una civiltà laica e liberale cui le religioni e in particolar modo quella cristiana, sulle cui radici si fonda la nostra comunità nazionale, possano dare un positivo contributo di illuminazione culturale.
Roberto Rosso, Antonio Buonfiglio, Andrea Ronchi, Aldo Di Biagio, Giorgio Conte, Claudio Barbaro, Giuseppe Scalia, Luca Bellotti, Luca Barbareschi, Roberto Menia, Daniele Toto, Catia Polidori, Giuseppe Consolo, Carmine Patarino, Angela Napoli, Carmelo Briguglio, Fabio Granata, Silvano Moffa, Maria Grazia Siliquini, Enzo Raisi, Nino Lo Presti, Donato La Morte, Proietti Cosimi, Francesco Divella.
Mario Baldassarri, Barbara Contini, Egidio Digilio, Giuseppe Menardi, Francesco Pontone, Maurizio Saia, Giuseppe Valditara, Pasquale Viespoli.
Enzo Rivellini, Potito Salatto, Salvatore Tatarella.