Hillary Clinton dovrebbe dimettersi?
La questione dello spionaggio all'ONU ha indebolito il suo ruolo nei confronti delle diplomazie straniere
Aggiornamento. Il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, intervistato da Time Magazine ha detto che Hillary Clinton “dovrebbe dimettersi”, per la vicenda dello spionaggio sui vertici delle Nazioni Unite.
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“Un buon diplomatico americano deve avere pazienza, equilibrio e tatto”, scrive Jack Shafer su Slate. “Deve essere attento e sensibile alle differenze tra le culture, dev’essere un buon osservatore, deve saper parlare molte lingue. Deve essere in grado di condurre trattative e negoziati. E deve anche essere bravo a condurre operazioni di spionaggio nei confronti dei suoi colleghi, come rivelano i rapporti diffusi da Wikileaks”.
Shafer fa riferimento al programma del dipartimento di Stato americano volto a controllare e spiare i vertici delle Nazioni Unite, incluso il segretario generale Ban Ki-Moon e i rappresentanti dei paesi con seggi permanenti al Consiglio di sicurezza, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna. Hillary Clinton – e prima di lei Condoleeza Rice – ha chiesto ai funzionari del dipartimento di Stato di reperire password e chiavi crittografate usate dagli alti funzionari delle Nazioni Unite, sia in privato che nelle loro comunicazioni ufficiali, e dettagliate informazioni biometriche. Inoltre, chiedeva di conoscere “i metodi di gestione” di Ban Ki-Moon e “la sua influenza nella segreteria”. Per dati biometrici, precisa un’altra direttiva, si intendono DNA, impronte digitali e scansioni dell’iride. Washington voleva anche numeri delle carte credito, indirizzi email, numeri di telefono, fax e cercapersone.
Secondo il giornalista di Slate, questa rivelazione ha un peso tale da tarpare le ali di qualsiasi operazione di Clinton come negoziatrice, da adesso in poi, facendole perdere credibilità e potere. “Non sarà più un’efficace diplomatica perché non sarà facile per lei trattare con diplomatici che non perdoneranno le sue decisioni e che magari la considerano un simbolo dell’arroganza americana”. In diplomazia conta molto la faccia, e per le nazioni colpite dallo spionaggio statunitense l’unica strada per salvare la faccia potrebbe essere chiedere la testa di Hillary Clinton all’amministrazione americana.
Detto che le dimissioni di Hillary Clinton sono molto improbabili, specie per come la politica americana – democratici e repubblicani – abbia reagito alla diffusione dei documenti difendendo la diplomazia statunitense e prendendosela con Assange, la tesi di Shafer sta in piedi. Lo stesso Shafer dice che è indubbio che gli Stati Uniti hanno sempre raccolto informazioni sui loro interlocutori, per tutelarsi, per essere certi che nessuno faccia il doppio gioco, per verificare l’esistenza di rapporti ravvicinati con altre nazioni. Il tutto, però, con la consapevolezza che operazioni del genere hanno senso finché rimangono coperte, e quando diventano pubbliche non possono che essere rinnegate: l’agente sorpreso a spiare un diplomatico di un paese alleato non può che essere espulso dall’agenzia. Specie se, come nel caso dello spionaggio verso le Nazioni Unite, non si tratta semplicemente di un comportamento scortese, bensì di un comportamento illegale.
Secondo i trattati internazionali, le Nazioni Unite sono un’organizzazione in cui lo spionaggio è vietato, almeno in teoria. Ora, che nella comunità diplomatica qualcuno si sia sorpreso: già nel 2004 era venuto fuori un episodio di spionaggio ai danni di Kofi Annan, altri sono noti da tempo a chi lavora all’ONU. Ora che questi fatti sono pubblici, però, qualcuno potrebbe approfittarne e chiedere un risarcimento. Wikileaks ha messo la pistola fumante nelle mani di Hillary Clinton. Il tempo delle sue dimissioni potrà arrivare tra una settimana o tra un mese, ma prima o poi questo debole e umiliato segretario di stato dovrà pagare.
(Win McNamee/Getty Images)