Il talebano che fingeva di trattare con Karzai
Il governo di Kabul accusa la Gran Bretagna di avere portato un impostore al tavolo delle trattative
L’Afghanistan accusa la Gran Bretagna di avere erroneamente portato un impostore al tavolo delle trattative con il presidente afghano Hamid Karzai. Nei giorni scorsi si era scoperto che l’uomo che per mesi aveva partecipato ai dialoghi segreti con il governo afghano dicendo di essere il braccio destro del mullah Omar non era il vero Akhtar Muhammad Mansour, e che quindi tutte le informazioni che aveva dato non possono più essere considerate attendibili. «La lezione che possiamo imparare da questa storia», ha detto il capo dello staff di Karzai, Mohammad Umer Daudzai, «è che questo processo dovrebbe essere gestito solo dalle autorità afghane, che sanno come agire senza creare danni collaterali: i partner internazionali non dovrebbero eccitarsi così velocemente su cose di questo tipo».
L’incidente in effetti ha messo molto in difficoltà sia le autorità afghane che quelle della coalizione presente in Afghanistan, mettendo seriamente in pericolo i colloqui di pace con i talebani di cui si parla ormai da mesi. Anche un ufficiale americano coinvolto nell’operazione ha confermato che il finto Mansour era stato portato dagli inglesi, ma finora l’ambasciata britannica a Kabul non ha rilasciato nessun commento in merito.
In ogni caso, la storia di come il finto Mansour sia riuscito a ingannare tutti e sia addirittura arrivato a incontrare personalmente il presidente dell’Afghanistan resta ancora un mistero. Secondo la ricostruzione di Daudzai, un uomo che si sarebbe spacciato per un collaboratore di Mansour avrebbe contattato le autorità afghane circa otto mesi fa. Diceva che Mansour era pronto ad avviare colloqui di pace e chiedeva di stabilire un piano per il ritiro delle truppe e una nuova costituzione basata sulla legge islamica.
Il governo afghano decise di non accettare la proposta di incontrare il collaboratore del presunto Mansour, ma poi intervennero le forze dell’intelligence britannica e decisero di riprendere i contatti per organizzare un incontro a Kabul. Daudzai dice che l’incontro si svolse tra luglio e agosto soltanto alla presenza di ufficiali britannici e che nessun americano era presente. E sostiene che il finto Mansour potrebbe anche essere stato inviato dall’intelligence pakistana per «testare il sistema», ma che nessuno può dirlo con certezza. Anche gli americani confermano di avere avuto dubbi fin dall’inizio, e che fu l’intelligence britannica a decidere di andare avanti.
Secondo un’altra versione, invece, riferita al Washington Post da un ex ufficiale afghano, l’intelligence britannica si sarebbe limitata a fornire supporto logistico per l’incontro ma in realtà i veri responsabili dell’arrivo a Kabul dell’uomo sarebbero stati proprio i rappresentanti del governo afghano. Quindi ha aggiunto che il caso che è ormai esploso intorno a tutta la vicenda rischia di far saltare l’intero processo.
Qualunque sia la versione, l’episodio dimostra la stato di incertezza della situazione generale in Afghanistan. Con i talebani che si nascondono in Pakistan, forse proprio con l’aiuto dello stesso governo di Islamabad. E con una situazione politica interna sempre più precaria, soprattutto in seguito ai sospetti di brogli e corruzione che stanno minando i risultati delle ultime elezioni parlamentari dello scorso 18 settembre. Ieri le autorità afghane hanno annunciato l’arresto di nove persone accusate di frode elettorale. Tra questi ci sarebbe anche un rappresentante delle Nazioni Unite. «Se la commissione elettorale accerterà che ci sono state irregolarità durante le elezioni, allora non avrà altra scelta che annullare il voto», ha detto Daudzai.