Il karaoke del “Va’ pensiero”
È vero, come dice Riccardo Muti, che l'eventuale inno verdiano sarebbe difficile da cantare?
Contravvenendo a un suo antico fioretto («Inno di Mameli o Va’ pensiero? Non ne parlerò più fino al 2013») il maestro Riccardo Muti è tornato l’altroieri a esprimersi sull’annosa ipotesi della sostituzione dell’inno nazionale con il coro del Nabucco, argomentando la sua contrarietà:
«Sono contrario, l’ho sempre detto. Proviamo a far cantare Verdi a Totti prima di una partita, con i suoi toni gravi e sottovoce: ci sarebbe un calo di adrenalina. Invece l’elmo di Scipio fa partire di slancio: è quello che l’inno deve essere»
E di recente lo stesso Muti aveva raccontato di un’altra obiezione:
Il Va’ pensiero è un canto dei perdenti. Forse non hanno ascoltato bene le parole, i leghisti e cadono in questo equivoco. Per il Nabucco, da cui Va` pensiero è tratta, Verdi si ispirò alla Bibbia, a un episodio carico di dramma in cui gli ebrei piangono la loro sconfitta. Non pensò a fomentare lo spirito rivoluzionario che serpeggiava nel nord Italia contro gli austriaci. E se infiammò i cuori patriottici fu perché in quel canto accorato di un popolo esule, schiavo e perdente si rispecchiavano
La questione della sostituzione di Fratelli d’Italia (ufficialmente “Il canto degli italiani”) con il “Va’ pensiero” è ormai antica e bollita: fu lanciata dai capricci leghisti contro l’inno di Mameli e trovò trasversali adesioni motivate da una condivisa perplessità sulla bellezza musicale dell’inno attuale soprattutto se confrontata con la grandezza del coro verdiano. Poi ci fu una reazione di difesa di Fratelli d’Italia (e una protesta degli esuli istriani), aiutata dai ritrovati successi della Nazionale di calcio e da un ritorno alla ricerca dell’identità patria in tempi difficili come questi.
La questione che pone Muti è però tutta musicale. Il “Va’ pensiero” sarebbe inadeguato in termini di motivazione alla pugna, e difficile da cantare con entusiasmo. Per non parlare delle difficoltà di memorizzazione e comprensione del testo per un popolo che in gran parte tuttora canta “stringiamoci a corte”. Ci sarebbero poi montagne di equivoci tra l’accento e l’apostrofo (l’assenza dell’uno e dell’altro è invece giustificata dal libretto originale). Ma soprattutto, è vero che è molto difficile cantare il “Va’ pensiero” non solo a squarciagola ma anche con toni più dimessi. Proviamoci, mal che vada impariamo le parole.