Un’ordinaria giornata di battaglia alla Camera

Accantonata l'attività legislativa in attesa del voto sulla Finanziaria, si discutono mozioni su mozioni: oggi ce ne sono tre

Secondo quanto stabilito la settimana scorsa dai presidenti delle camere e il presidente della Repubblica, in questo momento il Parlamento è concentrato sulla discussione e sull’approvazione della legge finanziaria, che deve essere definitivamente licenziata entro i primi dieci giorni di dicembre così da poter poi votare le mozioni di fiducia e sfiducia al governo. Di conseguenza, il resto dell’attività legislativa è nel migliore dei casi sospesa, nel peggiore definitivamente accantonata: la Camera e il Senato, che già in tempi normali non brillano per efficienza e rapidità, si trovano quindi ad avere parecchio tempo libero. Il modo in cui questo tempo libero viene utilizzato risente dell’attuale fase politica. Si guardi, per esempio, all’ordine del giorno della seduta odierna alla Camera.

Si comincia alle 10,30 con la discussione sulla riforma universitaria, che finché dura il governo resta in piedi, e su un disegno di legge di sostegno al reddito presentato da un parlamentare di centrodestra. Poi si passa alla battaglia delle mozioni: testi dal valore esclusivamente politico, che anche se approvati non vincolerebbero in alcun modo il governo, limitandosi a “impegnarlo”. Oggi se ne discutono sei. Si comincia da quelle sulla RAI, prima fra tutte quella annunciata due mesi fa dai finiani.

La mozione dei finiani, dopo aver ricordato che la RAI è tenuta a rispettare pluralismo, “correttezza, lealtà e completezza dell’informazione”, impegna il governo “a modificare lo schema di contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI” adottando “pluralismo, completezza e obiettività” come indicatori per la verifica della qualità dell’informazione. La mozione è firmata praticamente in blocco dagli esponenti di Futuro e Libertà e, secondo quanto racconta oggi Repubblica, sarà votata anche dall’opposizione. La discussione comincia oggi, il voto è previsto per giovedì. Ci sono però anche altre due mozioni in discussione sulla RAI. Una è firmata da parlamentari del PD: chiede la stessa cosa che chiedono i finiani, e in più impegna il governo a “dare seguito effettivo alle indicazioni provenienti dalle organizzazioni internazionali in tema di pluralismo, concentrazioni e conflitto di interessi” e a “garantire l’indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e ad astenersi da ogni interferenza con l’indipendenza editoriale e l’autonomia istituzionale delle emittenti pubbliche”. Un’altra è firmata da una decina di esponenti del gruppo parlamentare formatosi alla Camera dalla fusione di Noi Sud e i “Popolari di Italia Domani” (esistono): di fatto sono gli scissionisti da MpA e UdC che hanno votato la fiducia a Berlusconi lo scorso settembre. E anche loro chiedono le stesse cose degli altri, sebbene in termini meno netti e combattivi, e impegnano il governo “a recepire la richiesta che il servizio pubblico radiotelevisivo rappresenti tutte le realtà socio-territoriali possibili, con particolare attenzione a quelle fino a ora meno considerate, come il Meridione d’Italia”.

Uno dice: basta così. Invece ci sono altre tre mozioni all’ordine del giorno della seduta di oggi. Una ha a che fare con la riforma del sistema fiscale ed è promossa dal PD, primi firmatari Bersani e Franceschini. Impegna il governo a ridurre al 20 per cento l’aliquota sul primo scaglione dell’imposta personale sul reddito, e ridurre contestualmente le aliquote intermedie “a vantaggio dei redditi bassi e medi”. E poi, tra le altre cose, a introdurre agevolazioni fiscali per il lavoro femminile, a non proporre più condoni, a eliminare gradualmente l’Irap dal costo del lavoro, ad approvare l’esenzione delle tasse sul reddito reinvestito in azienda, ad allineare al 20 per cento della tassazione sulle rendite, a riformare gli studi di settore e attuare un “federalismo responsabile”, spiegato poi in altri quindici punti: praticamente una proposta di legge, più che una mozione. Sullo stesso tema c’è anche una mozione presentata dall’Italia dei Valori, che impegna il governo a prendere provvedimenti di lotta all’evasione fiscale e sostegno delle famiglie, ricalcando molti punti della mozione del PD.

L’ultima mozione in discussione oggi è sempre dell’Italia dei Valori, ed è una mozione di sfiducia nei confronti del ministro Calderoli. Al ministro si imputa “l’aver determinato con propri atti l’abrogazione di un decreto legislativo, per il quale diversi esponenti leghisti sono sottoposti a giudizio con l’accusa di aver organizzato un’associazione di carattere militare con scopi politici”. In pratica, nel corso della sua attività di ministro per la semplificazione, Calderoli avrebbe abrogato un decreto che punisce chiunque promuove o costituisce “associazioni di carattere militare”, mentre a Verona è in corso un processo che vede imputati 36 esponenti leghisti membri delle brigate della “guardia nazionale padana”, proprio per il reato di “associazione a carattere militare con scopi politici”. Lo stesso processo vedeva indagati “diversi deputati e ministri leghisti, tra cui Bossi, Maroni e Calderoli, usciti dal processo grazie all’immunità parlamentare”. Calderoli ha già risposto sull’argomento durante un question time, ma lo ha fatto malamente e contraddicendosi. Per questo la mozione presentata dall’IdV, se approvata, impegna il governo “a revocare immediatamente” la delega del ministro.