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  • Lunedì 15 novembre 2010

L’otto per mille ai Testimoni di Geova?

L'Italia potrebbe presto sottoscrivere un'intesa ufficiale con un culto religioso dai molti aspetti controversi

di Emidio Picariello

I rapporti tra lo Stato italiano e la religione cattolica sono regolamentati dai Patti Lateranensi e dal Concordato stipulati prima dal Regno d’Italia e poi dalla Repubblica col Vaticano. I rapporti fra lo Stato e i culti non cattolici, invece, sono regolamentati dall’articolo 8 della Costituzione, che dice:

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Nel corso degli anni, lo Stato ha sottoscritto delle intese con varie altre confessioni religiose, così da consentire loro riconoscimento ufficiale, ottenere sgravi fiscali per chi effettua delle donazioni economiche a loro favore o per loro stesse, e accedere all’istituto dell’otto per mille. L’otto per mille è il noto meccanismo con cui lo Stato ripartisce l’8 per cento del gettito fiscale IRPEF secondo quanto deciso dai contribuenti, che possono decidere se destinare la somma allo Stato stesso o alle confessioni religiose da questo riconosciute. Che sono, per il momento, sei: la Chiesa Cattolica, Tavola Valdese, le Assemblee di Dio, l’Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia. Poi ci sono delle altre confessioni religiose che da anni portano avanti colloqui con lo Stato italiano, in vista della sottoscrizione che permetta loro di accedere all’otto per mille: tra queste l’Unione Buddista Italiana, la Chiesa Apostolica, l’Unione Induista Italiana. E la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, il cui testo dell’intesa è pronto per essere approvato.

Quest’estate il Corriere della Sera aveva riportato la notizia dell’imminente intesa con i Testimoni di Geova e con altre confessioni religiose, sottolineando come la religione islamica, nonostante la sua vasta e crescente presenza in Italia, sia ancora esclusa persino dai colloqui, si dice a causa delle sue posizioni sul ruolo della donna, sull’educazione dei figli e soprattutto sul riconoscimento della Costituzione: sull’impegno che al di là delle libere convinzioni religiose di ciascuno, queste non debbano porsi in aperto conflitto con quanto stabilito dalle leggi dello Stato.

Ora, così come ci sarebbe da discutere sulla conformità a questi criteri da parte della religione islamica, lo stesso discorso potrebbe essere fatto in misura maggiore o minore per molte altre confessioni religiose. Alcune che hanno già accesso all’istituto dell’otto per mille, come la stessa religione cattolica; altre che stanno per ottenerlo, come i Testimoni di Geova. Suscitano perplessità molti precetti e dettami di questo culto religioso, la loro compatibilità con le leggi dello Stato e degli esempi di cui sopra: ruolo della donna, educazione dei figli, rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato.

I Testimoni di Geova si oppongono notoriamente alle trasfusioni di sangue, così come scritto nei loro testi ufficiali (e in un tesserino che tutti loro conservano nel portafogli: quello che illustra questo articolo). Il divieto vale per loro e per i loro figli, anche se minorenni.

Un medico può volervi curare nel modo che ritiene migliore, ma non ha il diritto di cercare una giustificazione legale per calpestare i vostri diritti fondamentali. E dato che la Bibbia mette l’astenersi dal sangue sullo stesso piano morale dell’evitare la fornicazione, costringere un cristiano a prendere il sangue è come violentarlo.

Il “Codice Civile Annotato con la Giurisprudenza” di Augusto Baldassarri, nell’elencare i casi di “condotta del genitore pregiudizievole ai figli” dice proprio che “costituisce condotta pregiudizievole il comportamento del genitore che rifiuti il proprio consenso ad una trasfusione di sangue ritenuto dalla scienza medica necessaria per la salute del figlio affetto da una malattia, seppur tale macanto consenso sia determinato da motivi religiosi”. Allo stesso modo, si potrebbe giudicare “gravemente pregiudizievole per un minore” anche la totale chiusura dei Testimoni di Geova nei confronti di chi non appartiene al culto. La posizione dei Testimoni di Geova sui rapporti – anche solo amicali – con questi è piuttosto chiara:

Beverly avrebbe forse dovuto trattenersi dal coltivare un’amicizia con la sua compagna di scuola solo perché non adorava il vero Dio? I cristiani certo non reputano un individuo indegno o immorale solo perché non è un compagno di fede. Tuttavia quando si tratta di stringere forti legami bisogna fare attenzione. Nel I secolo l’apostolo Paolo avvertì i componenti della congregazione di Corinto con queste parole: ‘Le cattive compagnie rovinano chi si comporta bene’. (1 Corinti 15:33, Parola del Signore) Che cosa intendeva dire?


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Qual è il punto? Anche le persone che non credono in Dio possono manifestare buone qualità. Se però le sceglierai come amici intimi, il tuo modo di pensare, la tua fede e la tua condotta ne risentiranno. Pertanto, nella sua seconda lettera ai Corinti, Paolo afferma: “Non siate inegualmente aggiogati con gli increduli”. — 2 Corinti 6:14-18

Inoltre, i Testimoni di Geova sono molto duri con coloro che lasciano la loro religione, anche quando si tratta di familiari. Le storie di ex Testimoni di Geova isolati ed emarginati persino dai propri genitori sono molto comuni, e questi codici di comportamento sono scritti nero su bianco sul sito internet dell’organizzazione.

Perché avere una posizione così ferma anche oggi? Riflettete sul taglio severo che aveva la legge di Dio data agli Israeliti. In varie circostanze, i peccatori erano giustiziati. Quando questo accadeva, gli altri, anche i parenti, non potevano più parlare con il peccatore morto. Gli israeliti erano degli esseri umani normali, con emozioni come le nostre, eppure sapevano che Dio è giusto e amorevole e che ha il diritto di proteggere la loro pulizia morale e spirituale. E quindi accettavano il fatto che liberarsi dei peccatori e dei trasgressori era fondamentalmente una cosa buona e giusta.

Di aspetti problematici ce ne sono molti altri: la negazione del diritto-dovere di voto (i Testimoni di Geova non possono votare), la proibizione per i fedeli di denunciare reati eventualmente commessi da altri adepti, il divieto di sposarsi se non tra “confratelli”, gli incentivi a non istruirsi.

La questione del riconoscimento ufficiale del culto dei Testimoni di Geova e dell’accesso della confessione all’istituto dell’otto per mille ha comprensibilmente irritato soprattutto le molte persone che nel tempo sono uscite dal culto, trovandosi quindi spesso a rinunciare del tutto a tutti i loro rapporti, compresi quelli con i propri parenti e genitori. Al tempo della prima intesa tra lo Stato eil culto, siglata dall’allora governo D’Alema, diversi senatori presentarono un’interrogazione parlamentare nella quale chiedevano conto al governo delle ragioni della sua decisione, definivano la congregazione “una setta”, “un’istituzione che ideologicamente rifiuta l’esistenza dello Stato e della Nazione e che contrasta palesemente con l’ordinamento giuridico italiano”.

La Congregazione dei Testimoni di Geova rispose così:

«Non è vero quanto affermato dall’interrogazione, mentre è corretto quanto dichiara la nostra rivista Torre di Guardia del 15 aprile 1988 citata nell’interrogazione stessa. Ivi si dice che di fronte a un “peccatore impenitente”, ad esempio una persona che vuole continuare a vivere nell’immoralità, che insiste a praticare pubblicamente l’omosessualità, o a bestemmiare con accanimento, causando grave scandalo tra i fedeli, i fedeli stessi sono esortati dalle Sacre Scritture (1 Corinti 5:1-13, CEI) a tutelarsi non frequentando tali persone che potrebbero corrompere i loro costumi. Nell’ambito confessionale tale prassi fa parte delle normali raccomandazioni dei pastori di qualsiasi denominazione religiosa preposti alla cura del gregge, e del resto anche di genitori che cercano di evitare ai figli deleterie influenze. Si fa presente che la nostra Torre di Guardia del 15 aprile 1991 suggerisce ai pastori delle comunità di fare ogni sforzo per contattare gli espulsi e per aiutarli, se lo desiderano, a ritornare nelle comunità stesse. Si vedano anche le riviste Torre di Guardia del 15 agosto 1992 e 15 luglio 1993».

Il sito InfotdGeova raccoglie molte storie di ex Testimoni di Geova e del loro attuale rapporto con i familiari: si tratta spesso di storie tristi e drammatiche, di uomini e donne che dopo essere state educate al culto fin da bambini a un certo punto se ne sono distaccate, dopo anni di sofferenze e vessazioni, rinunciando in blocco alla loro intera rete di relazioni sociali, che intanto li isolava e li disprezzava.