I prossimi guai del governo
Mentre Berlusconi veniva contestato in Veneto, alla Camera la maggioranza andava sotto tre volte
Non è stata una bella giornata per il governo, quella di ieri. Berlusconi, Bertolaso e Bossi, in visita in Veneto nei luoghi colpiti dalle alluvioni, sono stati pesantemente contestati, e la loro spedizione non ha sortito gli effetti sperati in termini di comunicazione e popolarità. Nel frattempo, alla Camera, Futuro e Libertà votava per tre volte con l’opposizione, facendo affondare la maggioranza.
Ventiquattro ore dopo il minaccioso discorso di Fini a Perugia e quarantotto ore prima del suo incontro con Bossi, insomma, i finiani hanno cominciato a far ballare seriamente il governo in aula. In quest’occasione il bersaglio è stato il trattato di amicizia tra Italia e Libia, con le sue disposizioni in materia di lotta all’immigrazione clandestina. Si tratta però evidentemente di un voto del significato politico generale, tanto che il Corriere della Sera racconta che tra gli stessi finiani qualcuno, Italo Bocchino, era favorevole a dare un altro colpo al governo e votare una quarta volta con le opposizioni, mentre altri lo hanno frenato facendogli capire che il messaggio era già stato nitidamente recapitato.
Se è vero che la delegazione al governo di Futuro e Libertà è ancora lì, nonostante Berlusconi abbia detto di non avere intenzione di dimettersi e Fini avesse minacciato che in questo caso i suoi non sarebbero rimasti «un minuto di più», è vero anche che i finiani stanno già preparando il terreno in vista delle prossime grane per la maggioranza e il governo.
La prima ha a che fare con il cosiddetto lodo Alfano, cioè la legge costituzionale sull’immunità per le alte cariche dello Stato. Liana Milella su Repubblica spiega oggi che il lodo è fermo e forse non si muoverà più, ucciso dall’accordo stretto dalla presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, e il Movimento per l’Autonomia, per rendere la sospensione dei processi “non reiterabile e non applicabile nel caso di successiva investitura, anche nel corso della medesima legislatura, nella stessa o in altra delle cariche e delle funzioni”. Lo stesso relatore della legge, il presidente della commissione Affari costituzionali Carlo Vizzini, ha detto di assumersi «la responsabilità politica di non andare avanti con il lodo» a causa del «momento delicatissimo» che attraversa la maggioranza. La legge è insomma su un binario morto, ed è probabile che il 14 dicembre, quando la Corte Costituzionale emetterà il proprio giudizio sul legittimo impedimento, la questione ritorni fuori con qualche urgenza.
L’altro nodo, ben più vicino, è la legge di stabilità ovvero la finanziaria. La settimana scorsa il governo è stato battuto grazie a un altro voto dei finiani con l’opposizione, che ha avuto la conseguenza di riaprire la discussione su un provvedimento che sembrava chiuso e blindato. Ieri i finiani e il Movimento per l’Autonomia, scrive Repubblica, hanno strappato al governo l’impegno per un maxi emendamento correttivo da sette miliardi. Ai quali però ne mancano due, dice Tremonti, e allora ieri sera erano ancora lì a litigare e discutere. Quel che è certo è che almeno questa è una discussione che non si può fare a meno di tenere fino alla fine, e chiudere, visto che il presidente della Repubblica ha fatto sapere che non ha intenzione di sciogliere le camere e tenere il paese in stand by con la legge finanziaria ancora da approvare. Quindi si discuterà, e difficilmente i finiani resisteranno alla tentazione di far ballare il governo ancora un po’.