Il deputato abusivo si è dimesso

Giuseppe Drago lascia il parlamento, nel giorno in cui la Camera avrebbe dovuto votare la sua decadenza

©Mauro Scrobogna / Lapresse
10-02-2005 Roma
Politica
Camera - commemorazione foibe
nella foto: unico rappresentante del Governo Giuseppe Drago Sottosegretario alla Difesa
©Mauro Scrobogna / Lapresse 10-02-2005 Roma Politica Camera - commemorazione foibe nella foto: unico rappresentante del Governo Giuseppe Drago Sottosegretario alla Difesa

Giuseppe Drago, il deputato eletto nelle liste dell’UdC nonostante una condanna in via definitiva e l’interdizione dai pubblici uffici, si è dimesso dall’incarico di parlamentare della Repubblica. Drago ha comunicato la decisione in una lettera indirizzata alla vice presidente della Camera, Rosy Bindi, proprio nel giorno in cui l’aula si sarebbe dovuta esprimere sulla sua decadenza, dopo che lo scorso 7 ottobre la Giunta delle elezioni aveva sancito la sua ineleggibilità.

Ieri però alla Camera non era aria, e la maggioranza era andata sotto tre volte (oggi succede la stessa cosa, ma in Senato). Quindi Drago, che era stato eletto nelle liste dell’UdC ma era passato alla maggioranza nel corso dell’ultima campagna acquisti, ha preferito anticipare il voto dell’aula per evitare di mettere in imbarazzo il centrodestra, e ha rassegnato le dimissioni. Queste non sono ancora esecutive, perché il regolamento della Camera prevede che debbano essere approvate dall’aula. Il voto è stato calendarizzato per la prossima settimana. Al suo posto subentrerà il primo dei non eletti nelle liste siciliane dell’UdC alla Camera, ovvero Pippo Gianni, oggi deputato regionale e già parlamentare nella legislatura precedente a questa.

La Corte di Cassazione aveva condannato Drago per peculato, per una vicenda che risale al 1998 e riguarda l’appropriazione indebita di fondi riservati alla Regione Sicilia, e ha confermato la sua interdizione dai pubblici uffici fino al prossimo giugno 2012. Nonostante l’interdizione, il deputato dell’UDC ha mantenuto la propria carica in Parlamento come se nulla fosse, in una violazione plateale e paradossale della sentenza favorita dalle complici lentezze del parlamento.

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