Cosa troverà Aung San Suu Kyi se sarà liberata
In molti si chiedono quale sarà il suo peso politico una volta liberata, vent'anni dopo l'arresto
Come previsto, i risultati dello spoglio dei primi voti delle elezioni in Birmania danno una larga maggioranza di preferenze ai due partiti della giunta militare che controlla il paese dal 1962. In questo momento sono in corso scontri tra membri dell’esercito birmano e ribelli buddisti Karen sul confine tra Birmania e Thailandia, in cui sarebbero morte almeno tre persone e altre undici sarebbero rimaste ferite. Il corrispondente di Al Jazeera racconta che decine di birmani stanno fuggendo verso la Thailandia per il timore di venire puniti per non aver votato alle elezioni.
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e altri leader europei si sono già pronunciati contro la legittimità delle elezioni, che non rispetterebbero gli standard internazionali. A giornalisti e osservatori stranieri è stato proibito l’ingresso nel paese, oltre duemila dissidenti sono ancora in carcere e le complesse leggi elettorali hanno impedito a molti di candidarsi e votare. Tra questi c’è ovviamente Aung San Suu Kyi, la vincitrice del premio Nobel arrestata vent’anni fa dopo la vittoria elettorale del proprio partito, la Lega Nazionale per la Democrazia, che venne annullata dalla giunta militare.
Alla vigilia delle elezioni Suu Kyi aveva chiesto ai birmani di boicottare le elezioni, per non avallare un sistema di voto ingiusto e antidemocratico. La liberazione della dissidente, annunciata più volte, è fissata per il 13 novembre, e in molti si chiedono quale potrà essere il ruolo politico di Suu Kyi, che dopo decenni di isolamento potrebbe aver perso la capacità di unire l’opposizione, ora frastagliata e in preda a una lotta interna. Negli scorsi anni diverse persone sono uscite dal partito di Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia, contestandone le scelte troppo intransigenti.
Than Nyein è il discusso leader della Forza Nazionale Democratica, un partito nato da una scissione dalla Lega Nazionale, che si ritiene soddisfatto delle elezioni. Al Corriere della Sera ha dichiarato di aver preso ogni scelta nell’interesse del popolo, e che alla democrazia ci si può arrivare per gradi.
«Siamo sempre stati al suo fianco, abbiamo grande rispetto per la Signora. Ma quando è venuto il momento di decidere, abbiamo pensato alle conseguenze: non potevamo rimanere fuori dal processo di democratizzazione, per quanto imperfetto potesse essere».
La linea di Nyein e degli altri come lui è stata duramente criticata dai sostenitori di Suu Kyi, che considerano la scelta di andare a votare un tradimento nei confronti dell’icona della pace birmana e del suo impegno nei confronti della vera democrazia. Suu Kyi ha ricevuto critiche non solo da altri partiti dell’opposizione: la BBC riporta l’opinione di Justin Wintle, autore della biografia L’ostaggio perfetto, che ritiene la dissidente “più un idealista che un politico astuto”, che non è stata in grado di convincere le nuove generazioni ad appoggiare la Lega Nazionale per la Democrazia.
Una volta liberata, Suu Kyi dovrà inoltre rapportarsi con una classe dirigente che, scrive IPS, sarà diversa dai precedenti comandanti militari e meno incline a trattare con lei come successo in passato.
«La presenza di un governo e di un opposizione eletti in parlamento, non importa se legittimamente o meno, non potrà essere semplicemente spazzata via dopo la liberazione di Suu Kyi. Non esistevano quando venne liberata l’ultima volta [nel 2003, venne arrestata di nuovo subito dopo]» ha detto un analista birmano, parlando in condizione di anonimità. «Suu Kyi e la Lega Nazionale dovranno competere per ottenere il ruolo di opposizione birmana».
Dopo l’incitazione al boicotaggio, al partito di Suu Kyi è stato proibito di partecipare alle elezioni. L’indicatore utile per capire l’attuale influenza della dissidente sul popolo birmano sarà quindi il dato dell’affluenza, basso secondo le prime stime di Reuters. Non si sa ancora quando lo scrutinio dei voti sarà completo: non c’è una data precisa e la giunta militare si è limitata a dichiarare che sarà terminato «in tempo».
Suu Kyi è considerata la più importante dissidente al mondo dai tempi della detenzione di Nelson Mandela. Figlia di un generale del Partito comunista birmano, la sua famiglia è sempre stata al centro delle vicende politiche del proprio paese. Da giovane studiò a New York e poi a Londra, per poi cominciare a lavorare alle Nazioni Unite. Ritornata in Birmania nel 1988, proprio nel mezzo delle grandi manifestazioni studentesche di protesta di quell’anno, fondò la Lega Nazionale per la Democrazia in risposta alla presa di potere di una nuova giunta militare. Quando due anni dopo i capi della giunta decisero di concedere libere elezioni per sancire la propria ascesa al governo, il partito guidato da Aung San Suu Kyi ottenne una schiacciante vittoria con più dell’ottanta percento dei suffragi. Insoddisfatti dal risultato del voto, i militari annullarono le elezioni e la arrestarono.
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