Per Ruby un affidamento molto temporaneo
La questura affidò la ragazzina a Nicole Minetti la lasciò subito non in buone mani
Se come abbiamo scritto ieri sembrano esserci pochi misteri ormai sulla storia di Ruby e sulle scelte del PresdelCons, i dettagli su cosa successe la famosa sera del 27 maggio nella questura di Milano sono almeno contraddittori, nelle varie versioni, e alimentano ulteriori sospetti. Da ieri ci sono correzioni e assestamenti tra questura e giudice dei minori su come si giunse ad affidare la ragazzina al consigliere regionale Nicole Minetti (non si trovò una comunità, si fecero indagini su di lei, arrivò la telefonata di Berlusconi: ma l’ordine di priorità non è chiarissimo). E stamattina il Corriere della Sera pone un’altra domanda, in un articolo di Luigi Ferrarella e Gianni Santucci: se Nicole Minetti si presentò e fu presentata da Berlusconi come persona che si poteva occupare di Ruby, i cui guai e difficoltà erano stati acclarati dalla questura e dal giudice, lo fece davvero?
Pare di no.
Perché la minorenne ospite delle feste di Arcore, che auspice la telefonata di Berlusconi sulla «parente di Mubarak» fu provvisoriamente affidata all’igienista dentale del premier accorsa in questura come «consigliera regionale» e «delegata per la presidenza del Consiglio», una volta uscita alle 2 di notte dagli uffici di via Fatebenefratelli non andò a stare con la Minetti. Andò invece a casa di una indossatrice brasiliana che la minorenne, appena 9 giorni dopo, e alla fine di una furibonda lite sfociata in 48 ore di ospedale per «contusioni multiple da aggressione», accusò di averla «malmenata» e perfino «indotta a compiere atti sessuali con clienti che la donna, prostituendosi, portava a casa».
Torniamo indietro. Mentre le ricerche serali starebbero mostrando che non ci sono comunità in zona a cui affidare la ragazzina, in questura arriva Minetti.
Il consigliere regionale si rende «disponibile a prendersi cura» della giovane, la quale è d’accordo, dice di conoscerla e mostra peraltro di avere il suo numero di cellulare. Anche in considerazione della presumibile affidabilità connessa al ruolo di consigliere regionale (che nei verbali di polizia redatti dall’Ufficio Prevenzione Generale viene erroneamente definita «consigliere ministeriale»), «sulla base delle indicazioni del pm di turno» viene redatto il verbale di «provvisorio affidamento» della 17enne alla Minetti. Alle 2 di notte, e cioè 6 ore dopo il rintraccio in corso Buenos Aires, la ragazza e Minetti escono dalla questura. E la relativa nota di trasmissione degli atti viene spedita, come di rito, dalla polizia al Tribunale dei Minorenni.
Carte alla mano, stanno tutti quasi a posto. Solo che la realtà è diversa dalle carte. Minetti, già ieri su queste colonne, spiegava di «non aver mai ospitato a casa» la marocchina «con la quale non ho rapporti di amicizia» ma che «conosco come conosco numerose persone nel mondo della tv», e di aver in quei giorni «solo mantenuto rapporti telefonici» con la 17enne.
Spiega il Corriere che Minetti si sarebbe disfata rapidamente della sua affidata (ragazza indubbiamente “problematica”) per delegare subito alla sua gestione “una delle due brasiliane che i poliziotti avevano visto arrivare all’ufficio denunce al pari della Minetti”.
E chi è questa brasiliana? È quella che — afferma adesso — poche ore prima aveva dato a Berlusconi per telefono la notizia che la 17enne fosse finita in questura. E nel contempo è la stessa persona che il 5 giugno, cioè una settimana dopo la notte in questura, una Volante troverà in un appartamento di periferia a litigare furiosamente proprio con la 17enne. «Un litigio tra donne che si ingiuriavano reciprocamente accusandosi di meretricio», verbalizza la Volante, che trova la minorenne «coperta solo da un paio di slip, con arrossamenti su braccia, schiena e volto, con il labbro superiore gonfio», mentre «afferma di essere stata malmenata dalla brasiliana che indica come sua affidataria».
La brasiliana precisa invece che l’affidataria «è un cara amica di nome Nicole», a suo dire «all’estero e non rintracciabile». La 17enne, ricoverata in un ospedale fino al 7 giugno, viene affidata, su ordine del pm dei minorenni, a un’altra comunità protetta a Milano. Da dove il 13 giugno sparisce.
Passano altri due giorni e il 15 giugno la 17enne si presenta all’Ufficio Pronto Intervento del Comune di Milano «dichiarando di avere figure adulte di riferimento». Passa appena un’ora e in effetti allo stesso ufficio telefona l’impresario televisivo Dario “Lele” Mora (indagato adesso insieme al direttore del Tg4 Emilio Fede e alla Minetti per l’ipotesi di sfruttamento della prostituzione), che anticipa «di essere disponibile a chiedere l’affidamento della minore».
Prima che la storia diventi pubblica, qualche giorno fa, c’è un ultimo sviluppo delle procedure di gestione affidamento della minorenne. Ultimo in tutti i sensi, che domani Ruby compie diciotto anni.
Il 23 giugno in questura, accompagnata da «due legali» — tra i quali quello che assiste Mora nell’inchiesta in cui è indagato per bancarotta, e che è anche impegnato politicamente come tesoriere del Pdl milanese, Luca Giuliante — , la 17enne spiega che, dopo essere scappata dall’ultima comunità, «era andata a vivere a casa di Diana Mora» (la figlia di Lele), «con i quali aveva avuto rapporti di lavoro»; e aggiunge che vuole tornare a casa di Diana Mora e non in comunità, «altrimenti scappo». Ma il Tribunale dei Minorenni respinge la richiesta di affidamento avanzata dalla figlia dell’impresario tv, plurindagato e sinora sempre assolto a Roma, Milano e Potenza nei processi per estorsione (ricatti attorno alle foto dei vip insieme a Fabrizio Corona) e favoreggiamento della prostituzione. E ricolloca la ragazza in una comunità per minori.