La fine dell’ETA?
L'ETA non è mai stata debole come in questo momento, ma il governo spagnolo resta prudente
di Elena Favilli
Lo scorso settembre l’ETA, il gruppo armato indipendentista basco, aveva diffuso un video in cui annunciava una tregua e chiedeva al governo spagnolo di aprire i negoziati. L’annuncio era arrivato dopo gli arresti di numerosi leader dell’organizzazione, e nel mezzo di un dibattito senza precedenti nella comunità nazionalista basca riguardo il futuro della propria regione.
Il governo spagnolo aveva reagito con estrema prudenza, confermando che avrebbe riaperto i negoziati solo quando l’ETA avrebbe definitivamente rinunciato alle azioni violente. Più volte infatti negli ultimi anni il gruppo armato aveva fatto annunci di questo tipo, ma poi immancabilmente gli attacchi erano sempre ripresi. L’ultimo tentativo di dialogo era stato avviato dal premier Zapatero subito dopo il suo arrivo al governo nel 2004. Ma lo stesso Zapatero fu costretto a interrompere bruscamente i dialoghi nel 2006 in seguito a un nuovo attentato dell’ETA all’aeroporto di Madrid, dove morirono due persone.
Questa volta però qualcosa sembra lasciare sperare che per l’ETA potrebbe davvero essere arrivata la fine. Il ministro degli Esteri spagnolo, Trinidad Jimenez, la scorsa settimana ha detto di fronte al Parlamento che il gruppo non è mai stato così debole: «La fine dell’ETA è vicina». Indebolito dalle continue ondate di arresti degli ultimi anni e dalla progressiva diminuzione dei suoi sostenitori locali, il gruppo starebbe considerando seriamente la possibilità di mettere fine alla lotta armata e creare un vero partito i cui leader siano riconosciuti come interlocutori politici legittimi.
A sostenere questa linea sarebbe soprattutto Batasuna: l’ex partito indipendentista basco considerato il braccio politico dell’ETA e per questo dichiarato illegale dal governo spagnolo nel 2003. Batasuna sarebbe riuscito a ottenere il supporto dei principali partiti baschi nazionalisti e della maggior parte dei gruppi nazionalisti civili e starebbe cercando di convincere l’ETA che continuare a far saltare in aria macchine della polizia e a uccidere poliziotti con colpi alla testa non può essere la strategia vincente per ottenere l’indipendenza. L’ETA è considerata un’organizzazione terrorista quasi in tutto il mondo, compresi Spagna, Unione europea e Stati Uniti d’America: dalla sua prima campagna indipendentista alla fine degli anni sessanta, ha ucciso oltre 825 persone.
Secondo quanto scrive il New York Times, Batasuna sta facendo forti pressioni sull’ETA per convincere il gruppo a dichiarare un cessate il fuoco permanente che possa essere verificato da osservatori internazionali «come segno del desiderio di interrompere definitivamente la lotta armata». I leader di Batasuna – che prima di essere dichiarato illegale si era presentato alle elezioni con propri candidati più volte – vorrebbero costituire un nuovo partito non violento, in modo da riconquistare uno status ufficiale e quindi da avere un peso maggiore sulla scena politica. Txelui Moreno, portavoce del movimento indipendentista, ha detto venerdì che i Peasi Baschi stanno vivendo «un momento storico» e che il dibattito in corso sulla fine della lotta armata non è soltanto un altro dibattito, ma è «Il Dibattito».
Tre settimane dopo l’annuncio della tregua, due uomini incappucciati appartenenti all’ETA rilasciarono un’intervista al giornale vicino a Batasuna, Gara, confermando che il gruppo era pronto – a certe condizioni – ad accettare la rinuncia totale alla lotta armata e a lasciare che le autorità svolgessero una verifica internazionale delle loro intenzioni. Secondo Moreno quelle dichiarazioni confermavano che l’ETA rispettava e si univa al dibattito che la sinistra nazionalista basca aveva intrapreso e che quindi in qualche modo avrebbe fatto passi decisivi in quella direzione.
Il governo spagnolo però continua a rimanere prudente e nonostante abbia ammesso che ci sono alcuni ragionevoli motivi per sperare, ha negato che siano in corso negoziati con l’ETA o con Batasuna. Anche se il rimpasto di governo della settimana scorsa ha assegnato alcuni ruoli chiave proprio a politici con lunga esperienza di cose basche. Il Partito Popolare spagnolo, il maggiore partito dell’opposizione, è inferocito dalla possibilità di riammettere Batasuna a far parte dello scenario politico del paese: «Batasuna e ETA sono la stessa cosa», ha detto Maria Dolores de Cospedal – la numero due del PP – in un’intervista con El Mundo «l’ETA deve ammettere la sconfitta: devono esserci vincitori e sconfitti, è inconcepibile che i carnefici siano vittoriosi al pari delle vittime della loro violenza».
Anche Kepa Aulestia – ex membro dell’ETA negli anni del franchismo, diventato poi scrittore e analista politico – ha ammesso che nonostante la popolazione dei Paesi Baschi abbia un fortissimo desiderio di pace e stia premendo per questa svolta storica, è giusto restare diffidenti sulle reali intenzioni dell’ETA di abbandonare le armi. Più volte in passato tregue simili non avevano condotto da nessuna parte, ha spiegato, e poi l’ETA non si arrenderà mai senza ottenere niente in cambio: per esempio, la liberazione dei suoi leader.