Il governo cinese attacca Liu Xiaobo, detenuto in Cina
L'agenzia di stampa ufficiale Xinhua attacca il premio Nobel per la pace
L’agenzia di stampa ufficiale del governo cinese Xinhua ha pubblicato Chi è Liu Xiaobo?, un articolo diffamatorio nei confronti del dissidente premio Nobel per la Pace, attualmente in carcere.
Mark MacKinnon, corrispondente cinese per il quotidiano canadese Globe and Mail, ha segnalato sul suo account Twitter che, dopo essere apparso online, l’articolo è stato rimosso per breve tempo prima di essere pubblicato di nuovo. L’articolo di Xinhua racconta la storia di Liu dipingendolo come un estremista pagato dall’Occidente che odia i suoi connazionali ed è interessato solo al denaro.
Liu, nato nel 1955, si è laureato nel 1984 e ha iniziato a lavorare come insegnante all’Università Normale di Pechino. Ha preso un dottorato nel 1988 e ha attirato l’attenzione criticando diverse persone illustri. In un’intervista a un giornale di Hong Kong, Liu ha detto che le tragedie cinesi non sono causate da «qualche stupido imperatore» ma da «ogni singolo cinese», dato che sono gli stessi cinesi ad aver creato il sistema che ne ha causato le proprie sfortune. Liu ha detto che per raggiungere un «vero cambiamento» la Cina avrebbe bisogno di essere colonizzata per trecento anni. Ha poi aggiunto che la maggior parte degli studenti universitari cinesi sono «spazzatura».
Liu ha dimostrato rispetto e stima per il sistema politico, economico e culturale occidentale. «Non mi interessa se mi definite traditore o patriota. Se dite che sono un traditore, allora lo sono. Sono un figlio ingrato che cerca di liberarsi dalla tomba dei suoi avi, e sono orgoglioso di essere quel figlio».
Liu ha detto che i cinesi «sono deboli, sia fisicamente che psicologicamente» e «non hanno creatività» a causa «della razza». Liu ha detto di vergognarsi di essere cinese, e che se parlasse un inglese migliore avrebbe già tagliato i rapporti con la Cina. Lo imbarazzava addirittura dire la parola “Cina”. Ha anche detto che la Cina dovrebbe essere divisa in diciotto regioni.
Dopo le agitazioni politiche del 1989, Liu è stato arrestato dalla polizia per le sue azioni. Ha poi supplicato la polizia scrivendo una confessione nella quale esprimeva il proprio rammarico e si augurava di diventare «utile per la nazione e il popolo». Nonostante il governo gli abbia risparmiato la sua punizione per buona condotta, nel 1991 Liu è tornato alle sue vecchie abitudini ed è stato mandato in un campo di lavoro per disturbo dell’ordine pubblico.
L’articolo di Xinhua prosegue poi spiegando come Liu percepisca guadagni dall’occidente, rilasciando interviste a riviste e quotidiani stranieri in cui critica la Cina e i cinesi.
«La ragione per cui faccio i miei discorsi sono: uno, mi fa sentire bene; due, ho bisogno di fare soldi. Non faccio discorsi se non vengo pagato abbastanza per ogni ora in cui parlo. Il denaro è un indice di autostima. La tua vita è decisa da quanti soldi guadagni.»
Altri virgolettati attribuiti a Liu gli fanno raccontare di episodi in cui ha sofferto di non poter comprare vini costosi: “è abbastanza chiaro cosa gli interessi davvero”, commenta l’articolo.
Mark MacKinnon definisce “verosimilmente false” diverse affermazioni, in particolare quelle che sarebbero state riferite dai compagni di cella di Liu.
«Io non sono come voi. A me non mancano i soldi. Gli stranieri mi pagano ogni anno anche se sono in prigione» ha detto Liu agli altri prigionieri.
“Quelli che conoscono Liu sanno che è un estremista arrogante”, si dice ancora, aggiungendo che anche altri dissidenti lo disistimano. “Le sue attività contro la Cina hanno superato il confine della libertà d’espressione”. E l’organizzazione che ha fondato sarebbe apprezzata in Occidente perché vuole rovesciare il governo cinese e mettere a repentaglio il successo economico della Cina.
È uno strumento dell’Occidente, e sarà abbandonato dal popolo cinese.