I guai della Metro Goldwyn Mayer
Domani potrebbe dichiarare bancarotta e trasformarsi in una casa di produzione a basso costo
La Metro Goldwin Mayer è uno dei colossi del cinema americano e prima ancora un mito dell’immaginario mondiale. Nata nel 1924 dalla fusione della Metro Pictures Corporation con la Goldwyn Pictures Corporation, è una delle aziende di produzione cinematografica e televisiva che hanno fatto la storia di Hollywood. Via col vento, Ben Hur, il primo 007 con Sean Connery, 2001 Odissea nello spazio, Thelma & Louise, Rocky: tutti hanno visto almeno un film preceduto dal ruggito del leone simbolo della MGM (incarnato da cinque diversi leoni nella storia). Oggi l’azienda sta affrontando una delle peggiori crisi economiche della sua storia e dopo vari tentativi di salvataggio finiti male, potrebbe trasformarsi in un fondo d’investimento speculativo per la produzione di film e prodotti tv a basso costo. Il Wall Street Journal ripercorre le sue tormentate vicende in un lungo articolo.
Lo scontro tra la cultura hollywoodiana e quella di Wall Street divenne particolarmente vivido lo scorso marzo. Il top film executive della MGM, Mary Parent, parlava di fronte agli investitori dell’azienda scusandosi per il flop del film “Hot Tub Time Machine”, una commedia grossolana che era andata malissimo ai botteghini. Anche il resto delle notizie non era confortante. I flussi di denaro provenienti dalla sua enorme libreria cinematografica (la più grande del mondo, ndr) stavano crollando e i debiti ammontavano a quattro miliardi di dollari. Un tentativo di vendere l’azienda aveva ottenuto una sola offerta economica, un’offerta al ribasso da parte della Warner Brothers.
La soluzione proposta dal management della MGM era questa: investire nuovo capitale nell’azienda per produrre circa dieci nuovi grossi film all’anno e riconquistare la gloria dei tempi passati. «Se non volete finanziare l’azienda in modo serio», disse Mary Parent «rimpiangerete di non averla venduta a Warner Brothers». Le persone che la ascoltavano non appartenevano al classico pubblico di Hollywood, tra di loro c’erano creditori che via via avevano acquistato sempre più potere, tra cui Charles Tauber del fondo d’investimento Anchorage Advisors, uno dei maggiori creditori della MGM. Alla fine della presentazione disse: «Dobbiamo discutere delle alternative».
L’alternativa che discussero quel giorno è quella che l’azienda voterà domani. Se la proposta sarà approvata, la MGM dichiarerà bancarotta entro domenica e l’azienda vincitrice di 208 Premi Oscar passerà totalmente nelle mani di investitori di solito abituati a gestire aziende di assicurazioni e banche locali. Il loro obiettivo principale a quel punto sarebbe ridurre i costi all’osso: affidare a uno studio esterno il compito di produrre e distribuire i film e concentrarsi sul business televisivo: TV digitale, video-on-demand, streaming online. Il tutto con un budget dimezzato rispetto a quello proposto dalla Parent, che permetterebbe di produrre dai quattro ai sei film all’anno spendendo per ognuno al massimo 50 milioni di dollari, salvo grosse produzioni occasionali.
Ma c’è un’offerta dell’ultimo minuto che potrebbe cambiare i giochi. Uno degli attuali investitori dell’azienda, Carl Icahn, ha proposto di accollarsi il debito che la MGM deve a tutti gli altri investitori nel tentativo di far saltare il piano di Charles Tauber e prendere il controllo dello studio. Ichan ha già comprato il 13 percento del debito della MGM e ha proposto agli altri creditori di compare anche il loro se domani voteranno contro la proposta di Tauber. Ma la cordata di creditori capeggiata da Tauber non vuole mollare e ha già promesso che in ogni caso non cederà le proprie quote di debito a Ichan. Secondo il Wall Street Journal, il braccio di ferro potrebbe portare a uno stallo che spingerebbe il dramma della MGM verso un finale più lungo del previsto.