La caccia ai gay in Uganda
Un giornale ha pubblicato cento foto di persone omosessuali con accanto la scritta "Impiccateli"
Il settimanale ugandese Rolling Stone – niente a che fare con il Rolling Stone americano – ha pubblicato cento foto di persone gay e lesbiche con accanto la scritta “Hang them”, impiccateli, infiammando la campagna di odio contro gli omosessuali che ha iniziato a diffondersi nel paese da più di un anno. I titoli in prima pagina scrivono che «gli omosessuali stanno cercando di reclutare un milione di bambini entro il 2012» e invitano senza mezzi termini a catturarli e ucciderli: «Impiccateli! Vogliono prendere i nostri bambini». Nelle pagine interne, a ogni foto sono associati nome e indirizzo di casa delle persone.
L’anno scorso il governo ugandese aveva presentato una nuova proposta di legge che prevedeva di punire gli omosessuali anche con la condanna a morte. La proposta fu poi accantonata grazie alle pressioni esercitate dalla comunità internazionale, ma da allora le campagne di odio contro gli omosessuali sono aumentate sempre di più. All’inizio di ottobre un altro giornale ugandese, Red Pepper, aveva pubblicato un elenco con i nomi delle persone gay e lesbiche più influenti del paese.
La situazione sta allarmando le persone omosessuali che vivono in Uganda, che temono di diventare vittime di una vera e propria caccia legittimata dalle autorità del governo. «Chiedono la nostra impiccagione, chiedono alle persone di farsi giustizia da sole: siamo terrorizzati», ha detto a CNN Julian Pepe, una delle persone che ha visto il suo nome pubblicato da Rolling Stone.
Le organizzazioni che si battono per i diritti dei gay in Uganda hanno detto che sull’onda di questa campagna si sono già verificati molti casi di violenza e che molte persone sono state costrette a lasciare il proprio lavoro e la propria casa. Il ministro dell’etica e dell’integrità – il solo fatto che esista un ministero che si chiama così descrive bene il posto di cui parliamo – ha minimizzato la portata delle accuse, sostenendo che gli attivisti mentono e che cercano solo di attirare l’attenzione su di sé: «È solo un modo per mobilitare supporto esterno, è parte della loro campagna». Nel contempo, però, si è augurato che «la legge venga approvata definitivamente».
Il direttore del giornale che ha pubblicato i nomi con gli indirizzi, Giles Muhame, ha difeso la sua scelta dicendo che pubblicare gli indirizzi era la cosa giusta da fare perché in questo modo le autorità potranno arrestarli. Il giornale esce da solo sei settimane e ha ricevuto un avviso dal Media Council per sospendere immediatamente le sue attività. Sorprendentemente però la sospensione non sembra essere collegata alla campagna contro i gay ma a una banale questione burocratica: il giornale a quanto pare non avrebbe tutti i permessi necessari e per questo sarebbe considerato illegale. L’omosessualità è già un reato perseguibile per legge in Uganda, punibile con una condanna fino a 14 anni di carcere.