Si avvicina la liberazione di Aung San Suu Kyi?
Il regime militare l'ha costretta a vivere agli arresti domiciliari per oltre quattordici anni
Un tribunale birmano ha accettato di esaminare il ricorso in appello presentato dagli avvocati di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace e leader dell’opposizione birmana costretta a vivere agli arresti domiciliari da quindici anni. La condanna finirà ufficialmente il prossimo 13 novembre, ma gli avvocati di Suu Kyi hanno spiegato che l’obiettivo del ricorso è la completa assoluzione dalle accuse che le sono state rivolte. In passato le scadenze della condanna sono state superate e annullate da nuove condanne.
Aung San Suu Kyi è considerata la più importante dissidente al mondo dai tempi della detenzione di Nelson Mandela. Figlia di un generale del Partito comunista birmano, la sua famiglia è sempre stata al centro delle vicende politiche del proprio paese. Da giovane studiò a New York e poi a Londra, per poi cominciare a lavorare alle Nazioni Unite. Ritornata in Birmania nel 1988, proprio nel mezzo delle grandi manifestazioni studentesche di protesta di quell’anno, fondò la Lega Nazionale per la Democrazia in risposta alla presa di potere di una nuova giunta militare. Quando due anni dopo i capi della giunta decisero di concedere libere elezioni per sancire la propria ascesa al governo, il partito guidato da Aung San Suu Kyi ottenne una schiacciante vittoria con più dell’ottanta percento dei suffragi. Insoddisfatti dal risultato del voto, i militari annullarono le elezioni e la arrestarono.
Il prossimo 7 novembre i cittadini birmani torneranno a votare per la prima volta dopo vent’anni, ma l’opposizione ha già iniziato a denunciare da tempo che si tratterà soltanto di una farsa: il 25 per cento dei seggi del parlamento andranno di diritto a membri della giunta militare, e solo il restante 75 per cento sarà eleggibile attraverso il voto. Dagli arresti domiciliari a cui è costretta Aung San Suu Kyi ha continuato a essere il punto di riferimento dell’opposizione alla dittatura ma le leggi vigenti non le consentono di candidarsi alle elezioni, che si terranno proprio una settimana prima della fine dei suoi arresti domiciliari.
La giunta militare le aveva concesso la libertà dagli arresti domiciliari già una prima volta nel 2002, per poi subito ripristinarli dopo che migliaia di persone avevano iniziato a radunarsi intorno alla sua casa acclamandola come loro leader. Nell’agosto del 2009 fu accusata per avere apparentemente violato i termini degli arresti domiciliari, violazione che può essere punita con cinque anni di carcere. Suu Kyi si è sempre dichiarata innocente, ma entrambi i suoi primi due ricorsi in appello sono stati respinti. Ora un ultimo ricorso in appello sarà esaminato da un tribunale speciale di Naypyitaw, la capitale del paese. La data non è ancora stata fissata, ma sembra probabile che il verdetto arriverà solo dopo la sua liberazione. La Birmania è governata da un regime militare dal 1962.