Berlusconi e l’invito a comparire del 1994

La vecchia storia dello scoop del Corriere della Sera, che ieri sera ha fatto litigare Di Pietro e Sallusti

di Francesco Costa

24.02.2001 NAPOLI
POLITICO
CONFERENZA PROGRAMMATICA DI ALLEANZA NAZIONALE
NELLA FOTO GIANFRANCO FINI SILVIO BERLUSCONI E UMBERTO BOSSI
© CRISTIANO LARUFFA/LAPRESSE
24.02.2001 NAPOLI POLITICO CONFERENZA PROGRAMMATICA DI ALLEANZA NAZIONALE NELLA FOTO GIANFRANCO FINI SILVIO BERLUSCONI E UMBERTO BOSSI © CRISTIANO LARUFFA/LAPRESSE

Durante la puntata di Ballarò di ieri sera, il direttore del Giornale Alessandro Sallusti e il presidente dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro hanno avuto uno scontro verbale piuttosto lungo e acceso riguardo una questione che risale al 1994.

Il Post ha pubblicato ieri sera il video della parte iniziale della polemica, che è poi proseguita qualche minuto con toni più pacati grazie all’intervento di Giovanni Floris: potete vederlo qui oppure sul sito della trasmissione, dal minuto 22 in poi.

La storia è quella dell’invito a comparire – spesso erroneamente scambiato per un avviso di garanzia – recapitato a Silvio Berlusconi il 22 novembre 1994 e annunciato il giorno prima dal Corriere della Sera con un vero e proprio scoop, proprio nei giorni in cui il presidente del consiglio presiedeva una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli – spesso erroneamente scambiata per il G7 di Napoli, che si tenne qualche mese prima.

Sono le settimane della cosiddetta “inchiesta Telepiù”, condotta dalla procura di Milano e avente come oggetto la proprietà della pay tv e la compatibilità del ruolo di Fininvest con quanto stabilito dalla legge Mammì. Il 5 ottobre 1994 il magistrato Francesco Saverio Borrelli, allora capo della procura di Milano, dichiarò in un’intervista al Corriere della Sera – condotta da Goffredo Buccini, tenete a mente il nome – che l’inchiesta, che aveva già coinvolto Paolo Berlusconi, era arrivata a “livelli altissimi”. E quindi i giornalisti si aspettavano da un momento all’altro una notizia bomba, e i “livelli altissimi” alludevano evidentemente a un possibile coinvolgimento del fratello di Paolo Berlusconi, nonché primo ministro: Silvio Berlusconi.

Il 21 novembre 1994, allora, due giornalisti del Corriere della Sera – il Goffredo Buccini di cui sopra e Gianluca De Feo – arrivano in redazione e dicono che qualcosa si sta muovendo, in tribunale. Parlano con il loro caporedattore, che allora era Alessandro Sallusti, e col direttore del Corriere della Sera, che allora era Paolo Mieli. Continuano a indagare e nel pomeriggio tornano in redazione con una fotocopia dell’invito a comparire che la procura di Milano avrebbe inoltrato di lì a poco a Silvio Berlusconi. Il giorno dopo il Corriere lancia la notizia in prima pagina, ed è una notizia dalle conseguenze politiche devastanti. I giornali di mezzo mondo, a Napoli per i lavori della conferenza internazionale, daranno la notizia immediatamente e dandole grande enfasi. Non esiste consenso unanime nel definire quell’episodio la causa della successiva crisi del governo Berlusconi – ieri Sallusti diceva di sì, Di Pietro diceva di no – che effettivamente cadrà sulla riforma delle pensioni, ma si può ragionevolmente far coincidere lo scoop del Corriere della Sera come un punto cruciale dell’allontanamento della Lega da Forza Italia.



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Le cronache di quelle settimane continuano ancora, e si potrebbero raccontare per pagine. Dal video che Berlusconi mandò alle tv per difendersi, il giorno dopo, all’irritazione che alcuni cronisti attribuirono allo stesso Di Pietro, allora pm a Milano, per la scelta dei suoi colleghi di notificare l’invito a comparire proprio durante la conferenza internazionale di Napoli. Quello che interessava di più a Di Pietro e Sallusti non era però la storia politica, bensì quella del fatto giornalistico e giudiziario.

Il giorno dopo, infatti, le abitazioni dei due giornalisti del Corriere della Sera furono perquisite, e entrambi furono messi sotto indagine per il reato di pubblicazione arbitraria di atti di procedimento penale. Non si riuscì comunque a risalire alla fonte della fotocopia, per quanto è evidente che questa provenisse dagli uffici della procura di Milano: ai giornalisti fu inflitta una sanzione pecuniaria, i magistrati della procura di milano furono prosciolti. Successivamente Buccini e De Feo saranno premiati per il loro scoop.

Sallusti portava la storia dell’invito a comparire del 1994 come prova del fatto che la magistratura può interferire pesantemente nelle sorti di un governo, e comprometterne la sopravvivenza in virtù di fatti che poi possono essere smentiti dai processi. Per questo, sosteneva il direttore del Giornale, è necessaria la legge costituzionale sull’immunità per le alte cariche dello stato. Mentre il direttore del Giornale esprimeva questa opinione, Di Pietro gli obiettava rumorosamente intimandogli di “confessare” di avere saputo dell’invito a comparire dalla procura di Milano. Quando Sallusti gli dice “lo confesso”, Di Pietro lo incalza: “E perché non lo hai detto prima che non eri in prescrizione?”.

Qui Di Pietro è impreciso: il reato di pubblicazione arbitraria di atti di procedimento penale (articolo 684 del codice penale) è una contravvenzione, e la prescrizione arriva dopo quattro anni. In questo caso, quindi, già nel 1998. Alessandro Sallusti ha raccontato interamente le cose ripetute ieri a Ballarò in un libro pubblicato nel 2005. In ogni caso, c’è poco da “confessare”: la fotocopia proviene evidentemente dalla procura di Milano. Quello che non si sa è chi ha dato la fotocopia ai giornalisti del Corriere della Sera: è questo che Sallusti dovrebbe eventualmente “confessare” ma lo stesso direttore del Giornale ha detto ieri che non lo farà, dato che non si tratta di una sua fonte bensì dei due giornalisti del Corriere. Si è limitato a dire che il documento viene “da uno degli uffici dei pm del palazzo di giustizia”. Floris ci ha sperato, a un certo punto: sarebbe stato un altro scoop.