Il governo costringe la Chiesa a pagare l’ICI?
Una norma in un decreto sul federalismo fiscale potrebbe far saltare i privilegi fiscali dal 2014
Un comma del decreto sul federalismo fiscale municipale approvato dal Senato lo scorso 4 agosto contiene il taglio a una delle misure fiscali più controverse e contestate introdotte in Italia negli ultimi anni: l’esenzione dall’ICI per gli immobili di proprietà della Chiesa cattolica, anche per quelle non direttamente collegate a finalità di culto. La norma deve essere votata anche dalla Camera per diventare legge, quindi il parlamento può ancora modificarla, e comunque entrerebbe in vigore dal 2014 in poi. Le esenzioni fiscali che lo stato italiano garantisce alle istituzioni religiose comportano una perdita per l’erario di circa due miliardi di euro ogni anno.
L’esenzione dell’ICI per la Chiesa fu introdotta nel 2005 dal governo Berlusconi, a pochi mesi dallo scioglimento delle camere e l’inizio della campagna elettorale. Un anno dopo il governo Prodi limò la normativa, prevedendo che l’esenzione dell’ICI si potesse applicare solo agli immobili dalle finalità “non esclusivamente commerciali”, ma quell’avverbio – “esclusivamente” – ha permesso alla Chiesa di usufruire dell’esenzione anche per strutture turistiche, alberghi, ospedali, centri vacanze, negozi: è sufficiente la presenza di una cappella all’interno della struttura.
Negli anni, l’Unione Europea ha più volte indagato sulla legittimità di questa esenzione. Due procedure d’infrazione sono state archiviate, una è in corso e il Post se n’era occupato il mese scorso. Il comma del decreto priverebbe delle esenzioni fiscali, scrive Repubblica, “gli enti ecclesiastici che operano nella sanità (ospedali e cliniche legate alla Chiesa), nell’educazione (scuole private), nel turismo (alberghi e resort – spesso a cinque stelle – del mondo cattolico) e i circoli”.
La formulazione non è del tutto esaustiva. Non tanto perché rimarrebbero fuori gli immobili siti nelle aree considerate extraterritoriali dai Patti Lateranensi ma anche perché restano fuori anche i luoghi di culto. L’Unione Europea non ha mai contestato l’esenzione dall’ICI per le Chiese, ma c’è il rischio che la presenza di una cappella in un albergo possa qualificarlo come luogo di culto. E poi perché l’esenzione dell’ICI non è che un pezzo delle esenzioni fiscali riservate dallo Stato italiano alla Chiesa cattolica.
Resterebbe in piedi la parte che riguarda l’esenzione del 50% delle imposte sui redditi (Ires) per le centinaia degli enti ecclesiastici attivi nella sanità e nell’istruzione e quella che chiede la cancellazione dell’articolo 149 (quarto comma) del Testo unico delle imposte (Tuir) che riconosce agli enti ecclesiastici lo status perenne di enti non commerciali, norma in virtù della quale accedono ai benefici fiscali. È comunque prevedibile che il governo continuerà a difendersi di fronte a Bruxelles per evitare la condanna al recupero delle tasse fin qui non pagate (con tanto di interessi). Roba da vari miliardi di euro.