La scuola italiana senza soldi e ancora buona
Francis X. Rocca vive a Roma, e da genitore osserva la scuola italiana e quello che le sta succedendo
Francis X. Rocca è un corrispondente del Wall Street Journal in Italia, dove si occupa del Vaticano. Vive a Roma da un po’, ha una moglie italiana con cui ha avuto un bambino, che ora ha nove anni. Come la maggior parte dei genitori, Rocca osserva la situazione della scuola pubblica in Italia, tra scioperi e proposte di legge, e in più la osserva da americano. L’attacco dell’articolo è indicativo:
Con l’arrivo dell’autunno in Italia inizia la stagione delle scuole, e quella degli scioperi delle scuole.
Rocca riassume in breve la situazione — i tagli alla scuola, le proteste degli insegnanti, i continui intoppi alle riforme — e nota come tutto ciò stia avvenendo intorno a uno dei sistemi scolastici peggio finanziati tra le nazioni sviluppate, considerando la percentuale dell’investimento rispetto al prodotto interno lordo. In certe scuole, scrive, le famiglie devono fare collette per comprare la carta igienica degli studenti.
Dopo aver inizialmente pensato di iscrivere il figlio in una delle scuole private bilingue di Roma, Rocca e sua moglie si sono decisi a mandarlo in una scuola pubblica per due fattori principali: il costo eccessivamente alto delle scuole private e la buona qualità delle scuole pubbliche. Rocca scrive che, come succede con tutti i servizi pubblici in Italia, la qualità delle scuole statali varia da caso a caso, ma che molti genitori di altre nazioni pagherebbero per mandare i propri figli in quelle migliori.
Definisce “vecchio stile” l’educazione italiana, incentrata sull’uso della memoria, e afferma che gli insegnanti italiani fanno pochissimi sforzi per lavorare sulla stima di sé degli studenti e la loro individualità: alle riunioni con i professori si parla sempre degli errori degli studenti, mai di quello che hanno imparato. Nonostante questo, Rocca è soddisfatto del nostro sistema scolastico, di cui ammira in particolare l’insegnamento del latino e del greco, lingue abbandonate dalla maggior parte delle altre nazioni.
L’educazione è una delle voci che tengo nella mia lista mentale — quella da consultare, e succede spesso, quando perdo la pazienza con la confusione, il traffico e la generale mancanza di regole — dei motivi per cui sono felice di vivere a Roma. Gli altri aspetti sono ovviamente il cibo e il clima, oltre all’abbondanza di rovine antiche, che in silenzio offrono le loro lezioni di storia e umiltà.