Di cosa è accusato Berlusconi a Roma
I tratti del processo Mediatrade, in cui Berlusconi è accusato di aver rubato all'azienda di famiglia
Venerdì scorso la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati Silvio Berlusconi, suo figlio Piersilvio e altri dirigenti di Mediaset per evasione fiscale e reati tributari. Vediamo di spiegare con esattezza i termini delle accuse, riassunti in questi giorni a volte in modo piuttosto approssimativo.
L’indagine della procura di Roma nasce da uno stralcio dell’inchiesta della procura di Milano sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici da parte di RTI, società controllata al 100 per cento da Mediaset e che nel 2003 e nel 2004 aveva sede legale a Roma: il cosiddetto processo Mediatrade. Per questo la procura ha istruito la nuova indagine: si tratti degli stessi reati già oggetto di indagine a Milano e anche questi hanno come oggetto i rapporti tra Mediaset e il produttore egiziano Mohamed Farouk Agrama, che da Los Angeles fa da mediatore nella compravendita di diritti televisivi.
Secondo i magistrati, fin dagli anni Ottanta Mediaset – Fininvest, prima – utilizzerebbe questo sistema per trasferire illecitamente fondi da Mediaset a Berlusconi. Sceglie quali acquistare tra i prodotti Paramount. Invece che acquistarli direttamente, come potrebbe, li indica a Farouk Agrama. Farouk Agrama li acquista da Paramount, li fa passare attraverso una serie di società piccole e offshore allo scopo di eludere il fisco. Poi a quel punto li vende a Mediaset, e lo fa a prezzi gonfiati e sproporzionati, fuori mercato. Il surplus pagato da Mediaset viene poi versato in alcuni conti svizzeri nella disponibilità diretta dello stesso Agrama e della famiglia Berlusconi. Da qui quindi l’accusa di appropriazione indebita. Così si legge nell’invito a comparire recapitato al premier:
«Interponendosi fittiziamente nell’acquisto di diritti di sfruttamento di prodotti cinematografici e televisivi commercializzati dalla Paramount Pictures in favore di Mediatrade e poi di Rti attraverso le sue società che li cedevano alla Olympus Trading, che a sua volta li rivendeva a mezzo di contratti stipulati in Italia a Rti a prezzo maggiorato rispetto al costo di acquisto originario, senza che fosse svolta effettiva attività di agente o intermediario mancando la struttura e le competenze necessarie per selezionare i prodotti adeguati al mercato italiano, Agrama e le due amministratrici emettevano in favore di Rti le seguenti fatture: per euro 53 milioni e 187 mila nel biennio 1999-2000; per euro 48 milioni e 939 mila nell’anno 2001; per euro 49 milioni e 517 mila nell’anno 2002, per euro 25 milioni e 665 mila nell’anno 2003; per euro 18 milioni e 148 mila nell’anno 2004».
L’attività di Agrama sarebbe del tutto superflua, dal punto di vista commerciale: secondo gli inquirenti l’egiziano non aveva “la struttura e il know-how necessario per selezionare prodotti televisivi adeguati al mercato italiano”: serviva quindi solo a gonfiare i costi e poi trasferire il denaro in più. La procura parla di decine di milioni di dollari. L’accusa di frode fiscale è figlia dello stesso meccanismo. Anche qui semplifichiamo brutalmente: facendo pagare più soldi a Mediaset, questa riduceva i suoi utili e quindi pagava meno tasse. “Sulla base di tale falsa rappresentazione”, scrivevano i pm di Milano, “nelle scritture contabili obbligatorie di Mediatrade e Rti indicavano, nelle dichiarazioni fiscali consolidate di Mediaset, elementi attivi inferiori al reale con riferimento ai redditi di pertinenza della società Rti. La somma elusa ammonterebbe a otto milioni di euro dal 2005 al 2009. Tutti gli imputati hanno rivendicato la loro innocenza. Nicolò Ghedini, avvocato del premier, ha detto che le accuse sono “incredibili” e che “mai un centesimo è arrivato nelle tasche di Berlusconi”.