I media da contrappeso a peso
Per Beppe Severgnini c'è un "neogiornalismo" bellicoso che vuole rimpiazzare la politica, invece di sorvegliarla
Oggi in prima pagina sul Corriere le derive politicizzate e violente del giornalismo italiano sono affrontate da Beppe Severgnini, che a differenza di altri suoi colleghi che ne hanno scritto poco credibilmente nelle settimane scorse, ne è sempre stato alla larga.
Santoro Michele dice le parolacce: nota e sospensione. Il direttore generale della Rai come un supplente in una scuola media di periferia. Periferia cui ci avviciniamo pericolosamente. Le cose che accadono in Italia, infatti, non succedono nell’Europa che conta.
Che la punizione inflitta ad Annozero sia sbagliata, è ovvio. Che il suo narcisistico conduttore conosca i vantaggi del martirio, è evidente. Che tutto ciò c’impedisca di vedere come la rissa abbia sostituito la discussione, è preoccupante.
Abbiamo finito per considerare fisiologico ciò che è patologico: il giornalismo come forma di lotta politica. È questo il mostro che s’aggira per i nostri schermi e sulle nostre pagine, e prende molte forme: il disprezzo per le opinioni altrui, la paura del diverso, l’aggressività come prova di virilità professionale.
Il neogiornalismo usa toni più adatti alla curva balcanica di Marassi che al dibattito in un Paese civile. Come se non bastasse, se ne vanta. Chiama pavidità il rispetto, coraggio l’arroganza, franchezza l’insolenza, coerenza lo schieramento preventivo. La scelta di non avere amici e nemici a scatola chiusa – la base del mestiere, il motivo per cui molti l’hanno scelto – per i neogiornalisti non è onestà intellettuale: è ipocrisia.
(continua a leggere sul Corriere della Sera)