Il caso firmiamo.it
Un popolare sito di petizioni serve in realtà solo a mandare spam pubblicitario ai firmatari
Firmiamo.it è un sito nato nel 2007 (una piattaforma, dicono i più esperti di distinzioni tecniche) che permette agli utenti di organizzare raccolte di firme online su qualunque tema: “il modo migliore per far sentire la tua voce”. Il procedimento per chi vuole firmare una petizione è molto semplificato. Si devono inserire nome, cognome, cap e un indirizzo email dove si riceve un messaggio a cui bisogna rispondere per verificare la sua attendibilità. Quando si inserisce la propria mail compare il messaggio “Non divulgheremo il tuo indirizzo”, e questa breve formula rassicura l’utente sulla privacy dei dati forniti. Ma in un successivo riquadro di quelli lunghissimi, fitti, privi di accapo e pieni di articoli di legge e voci e sottovoci – quelli scritti apposta per non essere letti – si dice però:
I Suoi dati personali, potranno essere trattati direttamente – anche tramite qualsiasi mezzo o tecnologia: (e-mail, telefono, sistemi automatizzati) anche per finalità informative o promozionali: newsletter informative sulle petizioni; iniziative promozionali su prodotti; invio, anche tramite SMS, posta elettronica o altri mezzi, di materiale pubblicitario e informazioni commerciali; iniziative promozionali su prodotti e/o servizi di società terze; b) il conferimento dei dati è necessario per l’erogazione dei servizi; c) l’eventuale rifiuto di fornire detti dati comporterà l’impossibilità di erogare il servizio richiesto
Ovvero l’indirizzo email sarà archiviato e usato per inviare comunicazioni pubblicitarie e promozionali e non è possibile rifiutare il consenso a questo uso se si vuole partecipare alle raccolte di firme ospitate su firmiamo.it. Non è una questione tecnica – sarebbe possibilissimo scindere, come fanno molti siti, i due usi di verifica e archiviazione a fini pubblicitari – ma una scelta commerciale che è facile riconoscere come la priorità e il senso del sito. Marco Camisani Calzolari, il titolare, ha motivato in un post le pretese ragioni “morali” di questa scelta:
Credo che le piattaforme web che offrono servizi utili gratuitamente, debbano essere pagate obbligatoriamente con la pubblicità. Sotto forma di banner, di DEM (Direct email marketing) o altro. Il rapporto con l’utente è semplice: io ti offro un servizio di qualità e tu, compreso in questo, accetti di vedere/ricevere pubblicità. Così come fa da anni la televisione commerciale.
La percezione comune degli utenti mi pare che invece tenda a PRETENDERE che gli vengano offerti servizi gratuitamente, potendo scegliere se ricevere o meno la pubblicità.
Camisani Calzolari scrive una cosa ingannevole: la “percezione comune degli utenti” non è quella di pretendere servizi gratuiti, ma di essere informato esattamente sulle finalità di tali servizi e su quello che si paga in cambio di tali servizi “non gratuiti”. Quello che i volenterosi firmatari delle petizioni di firmiamo.it non sono in grado di immaginare stando alle informazioni ricevute è che dopo essersi registrati cominceranno a ricevere al loro indirizzo personale mail promozionali come queste.
Insieme a queste comunicazioni, i messaggi riportano: “Ricevi questo messaggio come membro di Firmiamo. Clicca qui per disabbonarti.” e “Ricevi questa e-mail perche’ registrandoti al sito Firmiamo.it hai espresso il consenso alla ricezione di messaggi promozionali da Firmiamo.it. Per qualsiasi informazione contatta: abuse@firmiamo.it”.
Non c’è niente di formalmente illecito in tutto questo. Il testo in cui si diceva dei messaggi promozionali effettivamente c’era, e l’utente ha cliccato su “Accetto” dove si diceva “Dichiaro di aver letto l’informativa e sono consapevole che il trattamento dei dati è necessario per ottenere il servizio proposto dal sito, dichiaro di essere maggiorenne. Consenso al trattamento dati per le finalità e con le modalità indicate nell’impegno di riservatezza”. L’informativa è però davvero poco chiara e leggibile e l’unica parte che si è scelto di evidenziare è quella rassicurante dove si dice che “non divulgheremo il tuo indirizzo”. E infatti alle diffuse e ripetute proteste, Camisani Calzolari ha ribadito che l’indirizzo non viene “divulgato”: è però lo stesso firmiamo.it a mandare lo spam pubblicitario a nome delle ditte che ne fanno uso. Le intestazioni delle mail hanno come mittente formule come questa: ParmaGusto via Firmiamo.it <firme@firmiamo.it>.
Niente di “illecito” dunque, anche se una discreta dose di ingannevolezza nell’offerta di firmiamo.it potrebbe essere facilmente sostenuta. Quello che però è giusto sapere e divulgare è che non si tratta di un sito che organizza raccolte di firme per campagne varie o aiuta a “far sentire la tua voce”: si tratta invece di un sito che organizza spedizioni di spam pubblicitario a indirizzi raccolti illudendo gli utenti che stia “facendo sentire la loro voce”, che invece non sarà sentita da nessuna parte: l’unico risultato che le il sito ottiene – e persegue – è la ricezione successiva di spam pubblicitario da parte dei firmatari. A cui però viene detto questo:
Ciao,
ti scrivo in quanto sei tra i firmatari della petizione ******* . Ti ringrazio perchè sei tra chi ha aiutato firmiamo.it a superare il milione di utenti e di firme raccolte, diventando la prima piattaforma europea. Siamo leader anche in francia con jesigne.fr. La nostra missione è quella di dare voce a tutte le opinioni del mondo e grazie a te ci stiamo riuscendo.
Un caro saluto e a presto.
Marco Camisani Calzolari
CEO & Founder
Mentre probabilmente l’informazione che più chiarisce la priorità di firmiamo.it e la strumentalità a questo fine delle petizioni e delle firme è quanto scrisse Camisani Calzolari sul suo blog al lancio del servizio:
Il modello di business è basato sulla pubblicità (specie quella contestuale) e sulla vendita di servizi. Per esempio, dopo aver scelto il nome della petizione il sistema cerca subito se il relativo dominio è libero. Se lo è, ne propone l’acquisto collegandolo direttamente alla propria petizione senza che l’utente si debba occupare di questioni tecniche. Tra i servizi in vendita c’è sia quello per cui pagando sparisce la pubblicità dalla pagina della petizione, sia quello per cui può essere eliminato anche il piccolo header della piattaforma che appare sopra ogni petizione. In questo modo è possibile avere a disposizione una piattaforma no-brand per creare la propria petizione.