La rivoluzione del mobile e gli handicap
Aumentano le applicazioni che puntano a facilitare la comunicazione dei bambini con gravi handicap
di Elena Favilli
La “rivoluzione del mobile” – con le funzioni dei computer trasferite in apparecchi portatili e facili da usare – sta portando con sé una rivoluzione delle abitudini di vita quotidiana ben più ampia e importante di quello che si immaginava all’inizio. Poco tempo fa ci eravamo occupati della storia di Austin Seraphin e di come a lui – cieco dalla nascita – l’iPhone avesse cambiato la vita, consentendogli di riconoscere le forme degli oggetti e di scoprire i colori. Oggi il Wall Street Journal racconta la vicenda di Caleigh Gray – una bambina di tre anni con gravi lesioni cerebrali dalla nascita – che sta imparando a comunicare grazie a un’applicazione per iPad.
Prima di scoprire iPad, Caleigh non riusciva nemmeno a rispondere con un sì e con un no alle domande che le venivano fatte. Ora invece grazie a un’applicazione chiamata Proloquo2Go, Caleigh riesce anche a chiedere di essere portata fuori a fare un giro o di essere accompagnata a dormire: le basta toccare con un dito un’immagine sullo schermo e l’applicazione riproduce il suono della parola corrispondente. Le immagini dei suoi progressi sono postate quotidianamente dalla madre nel suo blog Caleigh’s Corner, in cui l’incredibile storia di questa bambina che ha già subito nove interventi chirurgici è raccontata passo dopo passo dal giorno della sua nascita, il 15 agosto del 2007.
Il software che permette a Caleigh di comunicare è stato sviluppato dalla AssistiveWare BV, costa 190 dollari ed è una delle tante applicazioni nate negli ultimi mesi che puntano a facilitare la comunicazione dei bambini con gravi handicap. Per il momento Proloquo2Go può essere usata solo su iPad, ma l’azienda sta pensando di introdurre presto una versione che funzioni anche sui tablet che usano Android, il sistema operativo di Google usato da molti dispositivi mobili.
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Lo stesso Steve Jobs ha detto di recente durante un’intervista che gli usi terapeutici dell’iPad sono ben al di là di quello che lui e gli ingegneri della Apple avrebbero potuto immaginare. «Non vogliamo prenderci nessun credito per questo», ha detto, «diciamo semplicemente che qualcosa sta succedendo in questo settore, e che i ricercatori dovrebbero prenderne atto». L’introduzione di questi programmi potrebbe infatti rivoluzionare il tradizionale mercato degli apparecchi specializzati nell’assistenza alle persone con handicap, che in molti casi possono costare anche alcune migliaia di dollari.
I prezzi dei dispositivi prodotti dalle aziende specializzate come DynaVox Inc. e Prentke Romich Co. vanno dai 2.500 dollari per quelli più basilari ai 15.000 dollari per quelli più sofisticati. Nella maggior parte dei casi costano intorno ai settemila dollari. Il prezzo copre i materiali dell’apparecchio, l’assistenza tecnica spesso necessaria per i pazienti e software estremamente complicati. Secondo l’amministratore delegato di DynaVox, Ed Donnelly, l’alternativa iPad potrebbe essere troppo elitaria – perché riservata solo a quelle persone dotate del tablet di Apple – ma sta di fatto che il nuovo tablet touch-screen introdotto proprio questo mese da DynaVox costa ben 7.820 dollari.
Numerose associazioni a tutela dei portatori di handicap si battono da tempo per ottenere un impegno maggiore da parte dei produttori di smartphone, accusati di trascurare le esigenze delle persone con difficoltà. A questo si aggiunge poi il problema delle assicurazioni mediche, che non coprono strumenti come l’iPad – nonostante costino molto meno degli apparecchi dedicati – perché non hanno una funzione prettamente terapeutica.
Molte di queste applicazioni che facilitano la comunicazione verbale erano già disponibili sui computer tradizionali, ma i genitori che le hanno sperimentate dicono che sui tablet funzionano molto meglio: «Può portarselo sempre con sé ed è grande a sufficienza per essere più facilmente accessibile», ha detto al WSJ Shannon Rosa, madre di una bambina autistica di nove anni che usa l’iPad «e poi non c’è il mouse, è un rapporto più diretto». Secondo alcuni psicologi l’iPad aiuterebbe anche a rimuovere parte dello stigma sociale tendenzialmente associato a questo tipo di strumenti: «Gli apparecchi usati per aiutare le persone a parlare tendono a essere ingombranti», dice Bill Thompson, psicologo del dipartimento educazione dell’Orange County, «l’iPad invece potrebbe incuriosire anche gli altri bambini e avvicinarli a quelli che hanno dei problemi: in questo senso ha davvero una qualità “normalizzante”».
Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) sta già studiando quali modifiche potrebbero essere apportate ai tablet attualmente sul mercato per rendere più facile l’interazione di bambini con problemi di comunicazione. Il tablet, per esempio, potrebbe essere sincronizzato su dati rilevati localmente per fornire opzioni di comunicazione collegate al luogo in cui si trova in quel momento il bambino (un parco, un negozio, un bar). Oppure – come ha spiegato Matthew Goodwin, direttore del clinic department del MIT Media Lab – potrebbero integrare una tecnologia che consente di simulare il linguaggio anche a partire da poche sillabe emesse dalla voce di una persona.