“Quando conobbi Solomon Burke”
Lorenzo Cairoli ci fece un viaggio in aereo, parlando di cibo olandese e alligatore
di Lorenzo Cairoli
Ho conosciuto Solomon Burke a bordo di un aereo della Virgin che da Amsterdam volava a Roma. Pachidermico come nelle foto, contenuto a fatica dalle due poltrone su cui sedeva, il cranio calvo, un po’ da testuggine, tormentato da una cravatta enorme che gli strozzava la gola come un laccio emostatico. Fu grazie a un’agenda che gli cadde a terra e che raccolsi che iniziammo a conversare. Avevo acquistato qualche mese prima il suo CD ‘Don’t Give Up on Me’. Strepitoso, con canzoni firmate da fuoriclasse come Dylan, Tom Waits, Elvis Costello, Van Morrison. Ma non fu di musica che parlammo. Parlammo di cinema e di cibo olandese. Di anguille affumicate e di rijsttafel indonesiani.
Mi raccontò di una notte allucinante in un motel nel sud della Louisiana, in riva a un lago di cui non ricordava il nome. Aveva suonato in un locale e alzato il gomito. Poi era rientrato nel motel e forse non aveva chiuso bene la porta. Sia come sia, alle tre di notte si svegliò con un alligatore che gli gattonava per la stanza con uno dei suoi stivaletti stretto nelle fauci. Burke per un attimo restò impietrito poi riuscì a chiamare il proprietario che gli piombò in camera con il nipote e con un fucile. Non disse nulla, non mostrò alcun stupore. Sparò tre colpi in testa al rettile e lo trascinò via. Il giorno dopo Burke si alzò tardissimo con la testa che gli vorticava come la pala di un ventilatore. Fece colazione nel motel. Caffé doppio, spremuta d’arancia, uova strapazzate e salsicce. Le salsicce erano piccantissime ma squisite. Quando Burke chiese al proprietario di che carne fossero, lui rispose con aria vaga che erano ‘boudin‘. ‘Di maiale?’ – lo incalzò Burke. ‘No – gli rispose il proprietario – Di alligatore. Quel fottuto alligatore che hai lasciato entrare in camera tua”. Scoppiammo entrambi a ridere, poi Burke chiamò un’hostess e le chiese di portarci una bottiglia di vino.
Poco prima che atterrassimo a Roma disse a uno dei suoi figli che gli faceva da segretario di appuntarsi il mio telefono e il mio indirizzo e-mail. Quando tornai a casa e accesi il pc, trovai nella mia posta elettronica un accredito per tutti i concerti della sua tourné italiana e un ‘thanks’, grande quasi quell’alligatore insaccato, per la nostra ‘nice and gourmand conversation’.