Il sud del Sudan chiede aiuto all’ONU
A gennaio si terrà un referendum sulla scissione tra nord e sud del paese
Il presidente della regione meridionale del Sudan, Salva Kiir, ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell’ONU di inviare e schierare delle forze di pace sul confine che separa il nord dal sud del paese, così da garantire sicurezza durante le operazioni di voto di un referendum che il prossimo gennaio potrebbe sancire l’indipendenza del sud e riaprire le tensioni.
Il Sudan è uno dei paesi più devastati dalle guerre civili. Alle vittime del conflitto in Darfur si sommano quelle delle guerre tra nord e sud del paese: dal 1983 al 2005, più di due milioni di persone morirono e quattro milioni furono costrette a lasciare le loro case. Secondo gli accordi di pace firmati nel 2005, a gennaio 2011 il sud avrà la possibilità di votare per la secessione con un referendum. Fino a questo momento tutto sembra indicare che il governo di Karthoum cercherà di boicottare il voto, e le dichiarazioni del presidente delle regioni meridionali mettono il dito nella piaga: il confine tra le due porzioni di territorio è tutt’ora conteso e le parti si accusano a vicenda di star schierando soldati nelle sue vicinanze.
Infatti la risposta del governo del nord è stata accusare nuovamente il Movimento per la liberazione del popolo sudanese, principale partito politico del sud, di schierare il suo esercito attorno al confine. “È una chiara violazione dei protocolli di sicurezza”, ha detto un portavoce del governo sudanese. “Stanno cercando un pretesto per cominciare una guerra”, ha detto invece un portavoce del partito, che ha sfidato poi le Nazioni Unite a venire sul posto e controllare chi sta facendo cosa.
In questo periodo il nord e il sud del paese stanno discutendo ad Addis Abeba delle regole per il referendum: la composizione della commissione elettorale e i requisiti richiesti per votare. Fino a questo momento, però, nessuna decisione è stata presa. Non è chiara infatti la nazionalità degli appartenenti ad alcune tribù del sud del paese, anche perché si tratta di gruppi di persone che secondo la stagione si spostano dentro e fuori il Sudan.