La storia del Giornale e di Emma Marcegaglia
Un guaio in cui persino le abituali fazioni si trovano spaesate
di Francesco Costa
Come raccontano oggi tutti i quotidiani italiani, ieri mattina venti carabinieri del Nucleo operativo ecologico – sì, è strano, ci arriveremo – hanno perquisito le redazioni di Milano e Roma del Giornale, nonché le abitazioni private del condirettore del Giornale, Alessandro Sallusti, e del vicedirettore Nicola Porro. I due risultano sotto indagine per “concorso in violenza privata” ai danni di Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, e gli inquirenti hanno sequestrato gli hard disk dei loro computer. La storia ha varie sfaccettature, ve la raccontiamo dall’inizio.
Chi è chi
Cominciamo da una guida ai protagonisti della vicenda: alcuni sono piuttosto noti, altri lo sono molto meno. Vittorio Feltri è il direttore editoriale del Giornale, Alessandro Sallusti ne è il direttore responsabile, Nicola Porro il vicedirettore. Emma Marcegaglia è la presidente di Confindustria. Fin qui ci siamo. Gli altri protagonisti di questa storia sono Rinaldo Arpisella, portavoce e segretario particolare di Emma Marcegaglia, Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, e Mauro Crippa, responsabile comunicazione di Mediaset. I magistrati di Napoli che dirigono l’inchiesta sono Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock. Giandomenico Lepore è il procuratore capo di Napoli.
Una lunga storia
Nicola Porro ha 41 anni, per il Giornale scrive molto di economia, e si occupa spesso di Confindustria. I suoi editoriali sono spesso molto critici nei confronti degli industriali e della loro presidente, Emma Marcegaglia, che a sua volta da diversi mesi non perde occasione per criticare le politiche economiche del governo e implicitamente il Giornale stesso. Il 15 settembre Marcegaglia fa riferimento alla «politica brutta che parla di cognati, amanti, appartamenti che non interessano a nessuno», e al governo «che forse non ha più una maggioranza». La presidente di Confindustria rincara la dose il 24 settembre, a Viareggio: «Dalla crisi non usciremo meglio degli altri. Anzi».
Il Giornale continua a criticare Emma Marcegaglia e il 27 settembre sul suo blog lo stesso Nicola Porro racconta che “un portavoce” di Marcegaglia si lamenta dei suoi attacchi. Lui gli aveva chiesto di intervistare Marcegaglia e quello aveva risposto che “non possiamo, perché altrimenti la Signora apparirebbe ancora più berlusconiana di quanto lo sia. Se parlasse con il Giornale il gioco diventerebbe scoperto”. Oggi sappiamo che il portavoce a cui fa riferimento Porro è Rinaldo Arpisella, che lo stesso Porro dice di “sentire regolarmente” da oltre dieci anni e col quale dice di avere sempre avuto “un rapporto amicale”. Il resto ce lo raccontano le intercettazioni delle loro comunicazioni, perché c’è di mezzo un’inchiesta che non riguarda direttamente loro.
L’inchiesta
Spiega oggi Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera che i telefoni del Giornale non sarebbero mai stati sotto controllo (nei giorni scorsi Sallusti aveva scritto un editoriale protestando che il Giornale era sorvegliato da due procure). L’intercettato era Rinaldo Arpisella, il portavoce di Emma Marcegaglia, nell’ambito di un’indagine sul traffico di rifiuti: per questo ieri è intervenuta la procura di Napoli anche se i presunti reati sarebbero stati compiuti a Roma e Milano, per questo (i rifiuti) la perquisizione viene effettuata dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico. Sul cellulare di Arpisella, quindi, gli inquirenti leggono gli sms di Porro. È il 16 settembre, uno di questi recita:
“Ciao Rinaldo domani super pezzo giudiziario sugli affaire della family Marcegaglia”
Dopo un’ora Arpisella telefona a Porro, che gli dice: “Spostati i segugi da Montecarlo a Mantova” (Mantova è la città di Emma Marcegaglia). Secondo i verbali delle intercettazioni Arpisella si mette a ridere. Poi Porro dice che “Adesso ci divertiamo, per venti giorni romperemo il cazzo alla Marcegaglia come pochi al mondo”. A quel punto Porro fa un’altra battuta, il cui tono si può decifrare solo ascoltando l’audio delle conversazioni. Ricorderete che Arpisella aveva detto a Porro che Marcegaglia non poteva farsi intervistare dal Giornale, per non “sembrare troppo berlusconiana”. Allora Porro dice che il Giornale sta per pubblicare il “super pezzo giudiziario” per farle “un favore”, “come dicevi tu”, così “non sembra berlusconiana”. Per quel che riguarda l’inchiesta in corso, la conversazione si chiude lì (c’è un altro passo su Riotta e i suoi rapporti col governo che non ha niente a che vedere con le indagini né con la storia, ma tutti i giornali lo pubblicano senza farsi troppi problemi).
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Chiamiamo Fedele
Se dalla trascrizione delle intercettazioni Arpisella non sembra affatto turbato (“ride”, dicono i verbali), la sua reazione invece sembra essere stata molto diversa. Arpisella dirà ai magistrati che aveva “paura questo avvertimento si realizzasse con la pubblicazione di un dossier che avrebbe potuto deturpare l’immagine di Emma Marcegaglia”. Solo che Arpisella non si rivolge alla magistratura, non denuncia Porro per violenza privata. Ma alza il telefono e chiama Mauro Crippa, responsabile comunicazione di Mediaset. Il quale gli dice di “chiamare Confalonieri adesso”. Emma Marcegaglia dirà ai magistrati di aver chiamato personalmente Confalonieri, raccontandogli della sua “preoccupazione” e del suo “allarme”. Confalonieri le disse che ci avrebbe pensato lui e infatti dopo pochi minuti la richiamò dicendo che aveva messo tutto a posto: Feltri non avrebbe scritto niente. Confalonieri le consigliò però di dare l’intervista al Giornale.
“Secondo te è una cosa intelligente?”
Arpisella richiama Porro, che non è contento della scelta di far intervenire Confalonieri: “Secondo te è una cosa intelligente, dal punto di vista di Feltri, farlo chiamare da Confalonieri? Feltri è il padrone del suo giornale, finché non lo cacciano”. Poi il vice direttore del Giornale rilancia sull’intervista, dicendo ad Arpisella che “dobbiamo trovare un accordo, perché se no non si finisce più qui”.
Violenza privata
L’ipotesi di reato avanzata dai magistrati è violenza privata. Nel decreto di perquisizione, i pm scrivono che “il giornalista ha il diritto di criticare e di farlo in modo anche duro, pungente e veemente”, ma non può “utilizzare i propri scritti e le proprie pubblicazioni, o meglio la loro prospettazione, al solo scopo di coartare la volontà altrui”. Ed Emma Marcegaglia, parlando ai pm, ha utilizzato esattamente queste parole: “Non mi era mai capitata una cosa simile, e cioè che un quotidiano ovvero qualsivoglia altro giornale tentasse di coartare la mia volontà”. E poi: “Dopo il racconto che Arpisella mi fece, ho sicuramente percepito l’avvertimento di Porro come un rischio reale e concreto per la mia persona e la mia immagine”. Qui finiscono i fatti e cominciano le domande relative a questa storia.
Il tono di Porro
Il vicedirettore del Giornale, Nicola Porro, sostiene che il tono delle sue comunicazioni con Arpisella era innocuo e scherzoso. «Le frasi sono vere ma il tono era chiaramente di cazzeggio. Vorrei che Woodcock pubblicasse tutti gli audio. Chi parla di minacce non ha capito nulla. E comunque sì, ho detto una cazzata al telefono. Di Arpisella ho cancellato il numero». Ascoltare gli audio può essere utile a capire quale fosse il tono di Porro, che non è possibile evincere dai testi, per quanto sia evidente il sarcasmo del vice direttore del Giornale. Quel è che è certo è che Arpisella riferisce a Marcegaglia le conversazioni in un modo tale da allarmare la presidente di Confindustria e portarla a cercare aiuto in Fedele Confalonieri (aggiornamento: il Fatto ha l’audio della telefonata tra Porro e Arpisella, giudicate voi).
L’oggetto dell’articolo
Un’altra cosa non chiara, fino a questo momento, è l’oggetto dell’articolo la cui pubblicazione è annunciata ad Arpisella da Porro via sms. Marcegaglia ha detto ai magistrati di presumere che potesse riguardare “taluni problemi giudiziari” che suo fratello ha avuto nel 2004. Altri hanno ipotizzato un riferimento ai presunti conflitti di interesse esistenti tra l’azienda di famiglia di Emma Marcegaglia e il suo incarico in Confindustria. Oggi comunque il Fatto dedica una lunga inchiesta proprio ai “guai giudiziari” di Emma Marcegaglia e di suo fratello. Il Giornale ha annunciato che domani pubblicherà un’inchiesta di quattro pagine su Emma Marcegaglia.
Definisci “dossieraggio”
Altra cosa poco chiara: qual è la differenza tra un’inchiesta giornalistica e un’operazione di cosiddetto dossieraggio? Il giornalismo d’inchiesta è basato sulla ricerca di informazioni riservate, sui tentativi di reperire informazioni e documenti non pubblici, allo scopo di far venire alla luce fatti meritevoli di attenzione e visibilità: notizie. Alcuni dei giornalisti più celebrati e popolari in Italia si vantano di avere interminabili archivi su questo o quel personaggio politico, così da tenere traccia di ogni affermazione e documento che lo riguardi: è giornalismo o dossieraggio? Quello che fa Wikileaks è giornalismo o dossieraggio? Claudio Cerasa scrive sul Foglio che “se davvero il Giornale avesse avuto, o avesse trovato, delle notizie interessanti intorno alla famiglia Marcegaglia e avesse deciso di pubblicare queste notizie anche con una tempistica discutibile (ovvero giusto dopo le critiche della Marcegaglia al governo) io credo che Feltri avrebbe avuto tutto il diritto a mettere in pagina quelle notizie lì”. Abbiamo detto dell’inchiesta pubblicata oggi dal Fatto, che ripercorre i “guai giudiziari” di Emma Marcegaglia, del padre, del fratello: è giornalismo o dossieraggio? I problemi nel comportamento del Giornale possono essere la veridicità delle eventuali notizie, il miscuglio tra le opinioni dei giornalisti e gli interessi degli editori, la ricerca più approfondita verso i propri avversari politici e non verso i propri alleati: ma fosse così allora l’accusa di dossieraggio sarebbe da allargare alla quasi totalità dei giornali italiani, e sarebbe probabilmente più opportuno trovarle un altro nome. Il nodo è semmai l’utilizzo delle notizie come arma di ricatto, ed è su questa ipotesi di reato che indagano i magistrati.
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Il mistero Sallusti
Come avrete notato, l’unica persona del Giornale coinvolta nei fatti a questo punto è Nicola Porro. Nonostante questo, anche Alessandro Sallusti è indagato per violenza privata. Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore, parlando della perquisizione, ha inizialmente dichiarato che i pm si sono resi conto “che i colloqui tra i giornalisti del Giornale Alessandro Sallusti e Nicola Porro con il segretario del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia erano tesi a far cambiare atteggiamento al presidente degli industriali”. Solo che di colloqui di Sallusti con Arpisella non se ne trovano: Sallusti dice di non aver mai avuto alcun rapporto con nessun membro dello staff del presidente di Confindustria e ha querelato Lepore per diffamazione. Lepore ha poi rettificato: “Non mi riferivo alle telefonate di Sallusti con il segretario della Marcegaglia ma ad altre conversazioni”. Quali siano queste altre conversazioni non si sa. Quello che si sa è che nel decreto di perquisizione firmato da Woodcock non si menziona alcuna telefonata o conversazione di Sallusti – la cui abitazione è stata perquisita – bensì solo tre righe di un editoriale, in cui il condirettore del Giornale accenna alle posizioni di Marcegaglia sul caso di Montecarlo e scrive: “Con buona pace della Marcegaglia, i sondaggi dicono che i cittadini non si rassegnano ai silenzi e alle bugie sull’affaire monegasco”. Nient’altro. “Una minaccia, questa?”, scrive il Giornale, “eppure è l’unico elemento a carico di Sallusti evidenziato dal decreto dei pm”.
Henry John Woodcock
Uno dei due pm che dirigono l’inchiesta è un nome particolarmente noto alle cronache giudiziarie degli ultimi anni, perché protagonista di inchieste di grande clamore e visibilità risoltesi poi quasi tutte con archiviazioni e assoluzioni. L’ultima delle tante è relativa a Vittorio Emanuele di Savoia e si è conclusa poche settimane fa. In quell’occasione il Giornale dedicò un articolo alla “lunga serie di inchieste fallimentari” del pm, riproposto poi stamattina. Nel 2006 Gianfranco Fini definì Woodcock “un signore che in un paese serio avrebbe già cambiato mestiere”.
L’aria che tira al Giornale
Felice Manti, del Comitato di redazione del Giornale, ha detto che la perquisizione è “un attacco alla nostra libertà”. Il direttore Vittorio Feltri ha detto che “non c’era in corso nessuna inchiesta sulla Marcegaglia e non abbiamo nulla da temere” e che “Confalonieri si informava ma mai si sarebbe sognato di intervenire”.
Le reazioni, fuori
Il segretario della Federazione nazionale della Stampa Franco Siddi ha parlato di “grave inquietudine” per le perquisizioni ai giornalisti, dicendo che “non vorremmo che gli interventi in atto assumessero i caratteri del controllo preventivo sulla stampa”. Giuseppe Giulietti, leader dell’associazione Articolo 21 e deputato dell’Italia dei Valori, ha detto che “non mi sono mai piaciute le perquisizioni ai giornali e non mi piace neanche questa”. Il centrodestra si è schierato compatto a difesa del Giornale, mentre nel centrosinistra lo scenario è più frastagliato. Molti hanno condannato l’operato del quotidiano diretto da Vittorio Feltri, parlando appunto di “dossieraggio” e facendo notare l’ennesima grave distorsione al sistema democratico apportata dal conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi. Altri hanno reagito diversamente. Concita De Gregorio sull’Unità di oggi scrive che “non ci piace affatto che la redazione di un giornale venga perquisita, che si cerchino prove delle intenzioni. Vale per il Giornale come per tutti”. Persino Antonio Di Pietro ha commentato con qualche cautela. “Non conosco i fatti ma non voglio tappare la bocca a nessuno, neanche ai miei avversari, neanche a chi come il Giornale mi ha diffamato tante volte ed è stato condannato”.