Chi ha capito Inception?
Il film di Nolan ha scatenato una guerra di interpretazioni: riportiamo le più note, cercando di capirci qualcosa in più
È indubbiamente fastidioso dover attendere la distribuzione italiana di film usciti mesi prima nel resto del mondo, magari scoprirli vittima di un doppiaggio non all’altezza, incappare spesso in anticipazioni indesiderate e finali svelati. In particolar modo quando si parla di film di grande risonanza mediatica, noi non residenti in un paese anglofono non possiamo che assistere inermi al circolare di voci, commenti e immagini più o meno spoiler. Dall’altra parte, però, i mesi di ritardo ci permettono di trovare, all’uscita dal cinema, un ricchissimo repertorio di recensioni, dissezioni e teorie sul film appena visto.
Questo è quanto successo per Inception, l’ultimo film di Christopher Nolan, che si è fatto attendere tutta l’estate: mentre noi ci nascondevamo dalle anticipazioni, chi già l’aveva visto era troppo impegnato a costruire spiegazioni e castelli in aria per raccontarci come va a finire. Del resto, chi davvero ha capito come va a finire? La domanda più frequente riguarda proprio la conclusione: è tutto un sogno o Cobb riesce davvero a riabbracciare i figli? Slate a luglio aveva raccolto e riassunto le quattro teorie più accreditate, noi ve le riproponiamo adesso.
1. Non c’è niente da capire
La storia è piuttosto lineare e succede effettivamente ciò che sembra: Saito ingaggia la squadra di Cobb per innestare un’idea nella mente del ricco ereditiero Fischer; la missione ha successo; Cobb torna a casa dai suoi figli. In alternativa: tutto bene, ma Cobb resta intrappolato nel limbo e la conclusione a cui assistiamo è solo una manifestazione del suo subconscio.
Appena Cobb si sveglia, tutto procede in modo fin troppo perfetto. La fine potrebbe essere troppo bella per essere vera? Nolan fa nascere questo sospetto quando sceglie di non rivelare se la trottola, nell’ultimissima scena, cadrà o continuerà a girare all’infinito. (Ricordate: la trottola è il totem di Cobb – se cade, lui sa di essere nel mondo reale; se continua a girare, è tutto un sogno).
Inoltre i bambini non sembrano essere cresciuti. Indossano gli stessi vestiti e sono nella stessa posizione in cui erano nei ricordi di Cobb: il tutto sembra suggerire che la scena non sia altro che una proiezione del suo subconscio.
In realtà il costumista del film, Jeffrey Kurland, ha dichiarato in un’intervista che i vestiti dei bambini non sono gli stessi: non che questo spieghi niente, dato che viene spiegato più volte che i sogni sono formati da un misto di ricordi, memorie e semplici elementi conosciuti, ma sembra eliminare una delle numerose ossessioni dei fan. Trovate le differenze: oltre al fatto che la bambina è interpretata da un’altra attrice, il vestito che ha nella prima scena è completamente rosa, senza parti bianche. Il bambino, invece, sembra non voler rinunciare alla camicia a scacchi.
Sempre a proposito di questa teoria: Michael Caine, che nel film interpreta il padre di Cobb (Di Caprio), durante un’intervista alla BBC Radio ha escluso categoricamente che la conclusione sia un sogno. «La scena [dell’incontro con i bambini, ndr] è vera, perché io sono presente mentre nei sogni non ci sono mai».
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2. Il quinto livello
L’oggetto dell’inception è Cobb, e anche le parti che ci vengono mostrate come realtà fanno parte del suo sogno. Uno degli altri personaggi vuole aiutarlo a liberarsi del senso di colpa per il suicidio di Mal, e l’idea che cercano di innestargli è la conseguenza logica della frase che si scambiano più volte lui e Saito: “Vuoi diventare un vecchio, pieno di rimpianti, in attesa di morire solo?”. Il significato “nascosto” sarebbe: torna a casa dai tuoi figli, non lasciare che i sensi di colpa rovinino la tua vita. Secondo questa teoria gli uomini che lo inseguono a Mombasa sarebbero proiezioni del suo subconscio e non reali sicari. I livelli narrativi non sarebbero quattro, ma cinque: e quello reale non sarebbe mostrato mai. La teoria non convince Dileep Rao, che nel film interpreta il chimico Yusuf:
«È come dire che abbiamo assistito ad una specie di folle sessione di psicoterapia, il cui complesso costrutto narrativo esiste solo per distrarre Cobb che riuscirà così a liberarsi dei sensi di colpa. Certo, si può dire che è così. Del resto, è un po’ ciò che facciamo a Fischer, quindi la teoria non è infondata. Il problema è che state usando indizi in negativo per sostenere una storia che non esiste. Non possiamo sapere cos’è successo al personaggio prima del film, o cosa gli succede dopo.»
3. “Era tutto un sogno”
Nulla di ciò che vediamo esiste davvero, è tutto un sogno di Cobb: nessuna squadra, nessuna innovativa tecnologia per estrarre o innestare idee alle persone durante il sonno, potrebbe essere solo il subconscio di Cobb che si manifesta in un sogno particolarmente intricato per espiare il senso di colpa derivato dal suicidio della moglie. Una teoria come un’altra, ma che invaliderebbe le premesse di un film costruito fin nel minimo dettaglio: parlare di sogni va bene, il finale aperto lo accettiamo, ma “era tutto un sogno” non è più una soluzione valida dai tempi di Dallas.
4. Il film come metafora dei film
Il film è una grande metafora della creazione cinematografica. Il regista è l’architetto, le sceneggiature popolano gli ambienti e lo spettatore è portato a vivere per un periodo di tempo (che l’immaginazione, però, dilata) nell’immaginario di qualcun altro. Una volta finito il film, quando si riaccendono le luci in sala, si torna al mondo reale. La teoria è sommabile a qualunque altra delle tre proposte e non chiarisce nulla della trama, ma vale comunque la pena di citarla.