Aggredito perché gay, nel locale gay più famoso del mondo
In due hanno picchiato Ben Carver nel bagno del locale in cui nel 1969 nacque il movimento gay americano
Due uomini sono stati arrestati per l’aggressione di sabato notte ai danni di un omosessuale nel bagno del famoso locale gay di New York, Stonewall: quello che nel 1969 vide nascere la prima resistenza gay alle vessazioni della polizia, nel cui anniversario si celebra ogni anno il gay pride. La vittima del pestaggio si chiama Ben Carver, ha 34 anni e ieri – stanco del sensazionalismo con cui alcuni giornali continuavano a trattare la notizia della sua aggressione – ha raccontato nei dettagli l’episodio sul suo blog per precisare quello che è successo.
Ero andato a New York per passare un weekend con il mio fidanzato. Ci eravamo incontrati con degli amici a Stonewall, famoso perché considerato il locale in cui iniziò il movimento di protesta per i diritti dei gay negli Stati Uniti. Stavo bevendo una cosa con i miei amici, ma ero perfettamente in possesso delle mie facoltà (in altre parole, non ero ubriaco). Sono andato in bagno, una stanza molto piccola con solo lo spazio sufficiente per due orinatoi e un lavandino. Due uomini mi stavano aspettando lì, uno stava orinando. Sono andato anch’io a fare la pipì accanto a lui, e lui mi ha chiesto se ero gay. Ho risposto di sì e gli ho chiesto, «Ma lo sai dove siamo?». Lui ha risposto: «In un bar gay. Non pisciare accanto a me frocio». Ero di buon umore quindi il suo commento mi è scivolato addosso. Ma poi l’altro uomo mi ha chiesto un dollaro. Gli ho risposto che non ce l’avevo. L’altro allora ha detto, «Che ne dici di venti?». Allora io mi sono messo a ridere e ho detto, «Non ho nessuna intenzione di darvi dei soldi». Ho chiuso la cerniera dei pantaloni e quando mi sono voltato ho realizzato che si erano messi davanti alla porta per bloccarla e che mi fissavano. A questo punto mi sono reso conto che la situazione poteva diventare violenta. Uno di loro ha detto, «non starai mica facendo resistenza, vero?». Risposi, «ho solo una carta di credito, non ho soldi in contanti ma anche se ne avessi non ve li darei». Poi ho fatto un passo indietro e ho detto, «non peggiorate la situazione, per favore spostatevi e lasciatemi uscire». A quel punto l’uomo che poi ho scoperto chiamarsi Matthew mi ha dato un pugno in faccia.
L’altro uomo, Orlando, mi ha placcato e mi ha bloccato le mani. Matthew mi ha colpito in testa circa quattro volte prima che riuscissi a sottrarmi. Considerando che il bagno era molto piccolo, non avevo molto spazio di manovra a disposizione. Tutto è successo molto rapidamente quindi non posso ricordare ogni singolo movimento, ma non credo ci sia bisogno di dire che è stato tutto molto violento mentre cercavo di fare di tutto per liberarmi. Mi ricordo tre distinte serie di colpi sferrati da Matthew sulla mia testa, separati da momenti in cui il nostro corpo a corpo gli impediva di colpirmi. Credo che mi abbia colpito in testa almeno una dozzina di volte. Sono riuscito a liberarmi facendo sbattere la schiena di Orlando contro Matthew e contro la parete. Quindi sono riuscito a liberare la mia mano sinistra, con cui ho colpito la faccia di Matthew tre o quattro volte. Quello mi ha consentito di guadagnare abbastanza spazio per liberarmi. A quel punto ho visto una bottiglia di birra che era stata lasciata nel lavandino. L’ho presa e ho cercato di colpire più forte che potevo una delle loro mani, ma l’ho mancata. Allora gliel’ho tirata contro. Loro si erano spostati indietro la prima volta che avevo agitato la bottiglia e questo mi ha dato abbastanza spazio per scappare dal bagno e correre verso il bar.
Avevo sangue che mi usciva dal mio occhio destro e ero molto stordito, ma ho appoggiato le mani sul tavolo da biliardo appena fuori dal bagno e ho cercato, guardando con il mio occhio buono, di trovare una palla da usare come arma, sapendo che loro erano subito dietro di me. Sul tavolo non c’era niente, allora mi sono voltato e ho visto che Matthew era già lì. Mi sono lanciato contro di lui e ho cercato di colpirlo con tutta la forza che avevo ma l’ho mancato. A questo punto i ricordi diventano più confusi. Ho sentito urlare, qualcuno mi ha preso dalle spalle e alcune persone si sono messe tra me e i due uomini. I due sono scappati dal bar e io ho subito detto al gestore del locale che avevo subito un’aggressione omofoba. Sono tornato in bagno per lavarmi la faccia dal sangue, poi sono tornato al bar, dove mi hanno dato un sacchetto con del ghiaccio. Sono rimasto lì, cercando di rimanere calmo e ho chiesto un whiskey mentre il mio fidanzato insieme ad alcune delle persone che lavorano nel locale cercavano di inseguire i due aggressori fuori. Ha chiamato la polizia mentre li inseguiva e alla fine la polizia è riuscita a prenderli, grazie soprattuto al lavoro di identificazione di uno dei due ragazzi del bar che li avevano inseguiti. Vorrei far notare che lo staff dello Stonewall non si fa mettere i piedi in testa facilmente. Sono quelli che piacciono a me. Mi piacerebbe molto offrire loro un drink.
I due ragazzi arrestati si chiamano Matthew Francis e Christopher Orlando e hanno 21 e 17 anni. Sono stati accusati di aggressione, crimine razziale e tentativo di furto.
Ho letto molti commenti lasciati online ai vari articoli che parlavano di questa storia e sono molto infastidito da quelli, sia gay che etero, che hanno reagito a questo episodio proponendo di rispondere con atteggiamenti altrettanto violenti. Credo che dobbiamo fare qualcosa di meglio di questi bulli e che non dobbiamo rinunciare al nostro potere fomentando pensieri di paura e di violenza. Non dobbiamo cedere a queste forme irrazionali di pensiero. Da parte mia, li ho perdonati immediatamente. La legge deciderà che punizione assegnare loro, e io cercherò di rispettare qualsiasi decisione verrà presa. Quello che spero, è che da qualche parte il giudice decida di inseriere l’obbligo per questi due uomini di essere informati sull’importanza di Stonewall, su quello che significa per la comunità gay e su quanto la vita umana sia preziosa e la violenza non sia mai accettabile.