L’agente di Belpietro si è inventato tutto?
L'ipotesi è sul Corriere di stamattina, attribuita ai colleghi poliziotti tra cui circolerebbe questo "convincimento"
Finora era stata una voce da dietrologi o una battuta da cinici, circolata a mezza bocca, in angoli della rete, o in luoghi molto ostili al centrodestra. L’ipotesi che ci sia ben più di qualcosa di strano nell’agguato a Maurizio Belpietro di giovedì scorso. Ma stamattina il Corriere l’ha portata all’attenzione nazionale en passant, scegliendo di dirlo chiaramente ma piccolo piccolo, in una riga di un box a pagina 27 dedicato alle indagini. E non è solo un’ipotesi, ma un “convincimento”. E non è attribuito a qualche maligno nemico di Belpietro, ma ai poliziotti colleghi dell’agente che ha raccontato la vicenda.
MILANO — Una «fiction» a casa Belpietro. Con tanto di attore. Per ricostruire il racconto della «tutela» del direttore di «Libero» e del presunto attentato di cui avrebbe potuto restare vittima. Un «esperimento giudiziale» disposto dalla procura. Alle 22.30 di ieri sera il «ciak» per ripercorrere, secondo dopo secondo, i fotogrammi dell’agguato fallito via Monte di Pietà 19. Troppi i punti poco chiari nel racconto dell’agente scelto Alessandro N. (nessun testimone, telecamere che non hanno inquadrato il fuggitivo, nessuna impronta rilevata) che i magistrati vogliono approfondire. Le indagini sono state affidate alla Digos e non all’Antiterrorismo. Questo, per gli addetti ai lavori, significa che gli investigatori non pensano a un’azione studiata da qualche gruppo armato. «Potrebbe essere un Tartaglia armato», dice un detective. Anche se tra i poliziotti circola uno strano convincimento: che l’agente di tutela del direttore di «Libero» si sia inventato tutto.