I travagli dello Hobbit
Il nuovo film di Peter Jackson tratto da Tolkien è stato rinviato per cambi di regista, problemi economici, set in fiamme e scioperi; ora interviene il governo neozelandese
di Pier Mauro Tamburini
Il film Lo Hobbit, tratto da un romanzo di J.R.R. Tolkien, sta vivendo da mesi un lunghissimo travaglio produttivo, tra scioperi degli attori, problemi economici, cambi di regista e set in fiamme. E proprio in questi giorni sono intervenuti addirittura due ministri del governo della Nuova Zelanda — dove verrà girato il film — per placare gli animi di regista e sindacati e mantenere la produzione del film nel proprio paese, evitando così un fallimento per l’economia e la reputazione della propria industria cinematografica.
Quando il progetto è nato, ormai più di un anno fa, tutti pensavano che a girarlo sarebbe stato il produttore e sceneggiatore Peter Jackson, il regista che aveva adattato per il cinema Il signore degli anelli, la complessa saga scritta dallo stesso Tolkien. Jackson si è però tirato indietro e al suo posto è subentrato Guillermo Del Toro (Hellboy 1 e 2, Il labirinto del fauno), un regista vicino a Jackson per stile e passione per il genere fantasy.
Da quando Del Toro ha raccolto il progetto — che intanto si è diviso in due film, il primo programmato per l’uscita nel 2012, il secondo nel 2013 — le cose hanno però preso ad andare male. Il film ha iniziato a subire ritardi causati da una disputa legale sui proventi de Il signore degli anelli e altri problemi produttivi. Problemi che hanno spinto Del Toro a lasciarne la regia, tramite una lettera ai fan suoi e del film in cui spiegava l’abbandono con i lunghi e complessi tempi produttivi che lo avrebbero tenuto troppo tempo lontano dalla famiglia. È partita quindi una caccia al nuovo regista che si è protratta per settimane, durante i quali Ian McKellen, l’attore che già aveva interpretato Gandalf nel Signore degli anelli si è lamentato per l’attesa eccessiva spiegando di «non essere sotto contratto» e di «avere ancora poco tempo a disposizione» (McKellen ha 71 anni) e di volerlo usare «recitando a teatro, non ad aspettare di essere chiamato per il film».
Dopo mesi di ricerche si è tornati al punto di partenza, e Peter Jackson ha accettato di tornare a girare il film. Quando sembrava che le cose dovessero ripartire col piede giusto, è arrivata la notizia dell’imminente bancarotta della Metro Goldwyn Mayer, la casa produttrice del film, e quindi del rischio che parte dei finanziamenti per Lo Hobbit potessero saltare, rinviandolo di altri mesi.
Dieci giorni fa è nato un nuovo problema per Peter Jackson, proprio mentre portava segretamente avanti i provini per le parti del film. Il sindacato degli attori, la SAG, ha infatti invitato gli interpreti a rifiutarsi di prendere parte alle imminenti riprese per il rifiuto dei finanziatori di negoziare con un attore neozelandese gli accordi su particolari termini di stipendio e condizioni di lavoro. Peter Jackson ha risposto con fermezza spiegando di non essere contrario ai sindacati, ma di considerare l’attacco del sindacato neozelandese un semplice tentativo di “prendere il potere”. Ha quindi minacciato di spostare la produzione del film dalla Nuova Zelanda all’Europa dell’est, definendo l’eventualità “un’umiliazione a livello mondiale per la Nuova Zelanda”. Senza tutti i torti: il successo del Signore degli anelli, anch’esso girato in Nuova Zelanda, aveva mostrato a tutto il mondo incredibili paesaggi della nazione, aumentando il turismo e spingendo Hollywood a sfruttare ancora le location per i propri film. Un possibile spostamento del film sarebbe una perdita consistente, e Hollywood ci penserebbe due volte prima di accettare di nuovo la Nuova Zelanda come location.
E se il primo ottobre è arrivata la tanto attesa notizia del via libera alle riprese da parte dalla Warner Bros. (partner della MGM) con un budget di 500 milioni di dollari, il giorno successivo è divampato un incendio sul set del “film più maledetto di Hollywood” che ha richiesto tre ore e cinquanta vigili del fuoco per essere spento. Giusto il tempo di riprendersi dalle fiamme ed è arrivata la decisione, si crede presa dai produttori, di girare i due film in 3D, nonostante diversi membri del gruppo di lavoro, compreso il primo regista Del Toro, avessero più volte dichiarato di non avere intenzione di girarlo in 3D.
Sistemato per ora il problema economico, rimane ancora in piedi la disputa con i sindacati neozelandesi. Il ministro dello sviluppo economico Gerry Brownlee e quello della cultura Chris Finlayson hanno incontrato oggi Peter Jackson e sua moglie Fran Walsh, da sempre sua collaboratrice, per capire come risolvere il problema ed evitare l’allontanamento del film dalla Nuova Zelanda. Il portavoce di Brownlee ha dichiarato che non è ancora stata presa alcuna decisione, ma che «il ministro è disponibile per mediare tra la casa di produzione e i sindacati». Philippa Boyens, la neozelandese co-sceneggiatrice e co-produttrice del film, ha dichiarato al quotidiano New Zealand Herald che il film è lontano dall’essere girato in Nuova Zelanda, e che lo scontro ha «danneggiato la reputazione dell’industria cinematografica neozelandese, gettando dubbi sulla stabilità del settore».
Si è intanto accesa la corsa tra le potenziali nuove location de Lo Hobbit e diversi paesi — Scozia, Irlanda, Canada, Australia e alcuni imprecisati luoghi dell’Europa Orientale — si stanno proponendo come possibili alternative. Boyens ha dichiarato che «non si tratta di uno scherzo, la Warner Bros sta effettivamente calcolando i costi per produrre il film in altre cinque o sei luoghi. È un’ipotesi realistica, e mette in pericolo il sostentamento di migliaia di lavoratori neozelandesi».
Al momento su IMDB la data di uscita della prima delle due parti del film è fissata a dicembre 2012.