“Non ci faremo invadere dal regime cinese”
La disputa sulle isole Senkaku riaccende la rivalità tra Cina e Giappone
Ieri migliaia di persone sono scese per le strade di Tokyo e di molte altre città giapponesi per manifestare contro la Cina, accusata di avere cercato di invadere il territorio giapponese avvicinandosi troppo alle isole Senkaku. «Non consentiremo alla Cina comunista di invadere il nostro paese», urlavano i manifestanti.
Lo scorso sette settembre il capitano di una nave cinese era stato arrestato nei pressi delle isole Senkaku per aver causato la collisione con due imbarcazioni della guardia costiera del Giappone. Le Isole Senkaku sono un insieme di isole non abitate appartenenti al Giappone, ma reclamate da tempo dalla Cina e da Taiwan. Il capitano si sarebbe rifiutato di allontanarsi dalle acque contese come richiesto dalla guardia costiera giapponese e avrebbe quindi costretto le autorità marittime a procedere per bloccare l’imbarcazione.
L’arresto aveva aperto una crisi diplomatica tra Cina e Giappone e aveva portato il premier cinese Wen Jiabao a chiedere la liberazione del capitano, minacciando «ripercussioni» sui rapporti commerciali ed economici tra i due paesi. La settimana scorsa, infine, il Giappone aveva deciso di liberare il capitano, dopo aver paventato la possibilità di condannarlo a tre anni di carcere.
La decisione del Giappone è stata letta da molti come una ritirata umiliante, sintomatica dei nuovi rapporti di potere in Asia. Quest’anno la Cina ha superato il Giappone come seconda economia più forte al mondo, anche a causa della successione di premier giapponesi deboli che hanno faticato a farsi valere nella regione. Durante quest’ultimo scontro a distanza la Cina si è quindi sentita autorizzata a reclamare con più decisione il possesso dell’area contesa.
I manifestanti hanno protestato anche contro il governo giapponese, accusato di essere stato troppo debole per avere accettato quasi subito di liberare il capitano cinese e per non avere voluto diffondere il video con le immagini dello scontro tra le due imbarcazioni. Il capitano cinese Zhan Qixiong è stato accolto al suo rientro in patria come un eroe. La Cina si rifiuta di risarcire le motovedette giapponesi che sono rimaste danneggiate nello scontro e al contrario pretende scuse ufficiali dal Giappone e un risarcimento per l’arresto.