Le cavie umane degli Stati Uniti in Guatemala
La ricerca fu condotta tra il 1946 e il 1948 per verificare l'efficacia della penicillina come cura contro la sifilide su centinaia di "volontari"
di Emanuele Menietti
Per studiare l’efficacia dei trattamenti medici a base di penicillina, tra il 1946 e il 1948 alcuni medici dei National Institutes of Health, l’agenzia del Dipartimento della salute statunitense, infettarono almeno 700 persone in Guatemala con malattie sessualmente trasmissibili come la sifilide. Nella maggior parte dei casi si trattò di carcerati, malati di mente e soldati, tutti infettati attraverso un progetto di ricerca finanziato con denaro pubblico proveniente dagli Stati Uniti. La verità sugli esperimenti condotti in Guatemala dai ricercatori statunitensi è emersa in seguito a un lungo lavoro di ricerca svolto da Susan M. Reverby, docente presso il Wellesley College (Massachusetts), che ha spinto il Segretario di stato Hillary Clinton ad avviare nuove indagini sul caso e a scusarsi pubblicamente con il governo guatemalteco.
Reverby aveva presentato per la prima volta i risultati delle proprie ricerche lo scorso gennaio, ma non aveva ricevuto particolare attenzione né in ambito scientifico né dai mezzi di comunicazione. Nel mese di giugno, la ricercatrice decise di inviare una bozza di un articolo sul tema a David J. Sencer, un ex responsabile dei Centers for Disease Control statunitensi, che a sua volta propose al governo di approfondire le scoperte di Reverby, spiegano sul New York Times.
Negli anni Quaranta, racconta Riverby, il servizio sanitario degli Stati Uniti «voleva scoprire se la penicillina potesse essere utilizzata anche per prevenire, non solo curare, le infezioni di sifilide ai primi stadi, se vi fosse la possibilità di elaborare esami del sangue più accurati e voleva capire quali fossero le dosi più adatte di penicillina per curare l’infezione e per trattare le ricadute.»
La sifilide è una malattia sessualmente trasmissibile causata da un batterio e può portare a serie complicazioni cardiache, cecità, problemi cognitivi e se non viene curata debitamente può anche portare alla morte. Nella prima metà del Novecento la patologia era ancora particolarmente diffusa e i ricercatori studiavano nuove soluzioni per arginare i contagi. Con i mezzi dell’epoca, lo studio del morbo in laboratorio non era però semplice e gli studi sulle cavie come conigli e scimpanzé non consentivano di comprendere a fondo gli effetti della penicillina, il farmaco utilizzato per curare la sifilide.
Dopo una serie di test rivelatisi fallimentari, nel 1946 al ricercatore John C. Cutler fu offerta la possibilità di effettuare alcune analisi su cavie umane in Guatemala. A diverse centinaia di prigionieri guatemaltechi fu offerta la possibilità di avere rapporti sessuali con prostitute affette dalla sifilide, così da far contrarre anche ai carcerati la patologia. Non è ancora del tutto chiaro se i prigionieri fossero o meno a conoscenza dei rischi cui andavano incontro. Quando l’infezione non aveva luogo, i ricercatori utilizzavano altri sistemi per avviare il contagio come infettare alcune ferite provocate sul viso, le braccia o gli organi sessuali dei “volontari”. Nei casi più estremi furono anche sperimentate alcune iniezioni spinali.
Il contagio avveniva su persone sane alle quali veniva poi somministrata la penicillina come cura. In alcuni casi il trattamento farmacologico iniziava prima del contagio per verificare se effettivamente la penicillina fosse in grado di arginare la malattia, evitando la sua progressiva evoluzione.
Cutler, uno dei principali responsabili degli esperimenti in Guatemala, sarebbe diventato famoso negli anni seguenti grazie al proprio studio sulla sifilide di Tuskegee, un esperimento condotto in Alabama per verificare gli effetti della malattia su pazienti non curati di origine afroamericana. Lo studio andò avanti fino ai primi anni Settanta nonostante fosse ormai chiaro il ruolo della penicillina per curare la malattia. Nel 1994, l’allora presidente Bill Clinton si scusò con tutta la nazione per quanto accaduto in Alabama.
Questa volta, invece, le scuse al governo guatemalteco e alla popolazione del paese sono state presentate da Hillary Clinton, che ha definito gli esperimenti condotti tra il 1946 e il 1948 «chiaramente contrari alla deontologia medica»:
«Anche se questi eventi si sono verificati più di 64 anni fa, ci sentiamo oltraggiati dal fatto che questa discutibile ricerca sia stata gestita dal sistema sanitario statunitense. Siamo molto dispiaciuti per quanto accaduto, e ci scusiamo con tutte le persone che furono colpite da queste orrende sperimentazioni.»
Il presidente guatemalteco Alvaro Colom ha ricevuto le telefonate di Hillary Clinton e del presidente Obama con le scuse ufficiali degli Stati Uniti e non ha esitato a definire la notizia come qualcosa da far «rizzare i capelli», un chiaro esempio di «crimine contro l’umanità». Stando alle ricostruzioni di Reverby, il governo del Guatemala contribuì agli esperimenti condotti negli anni Quaranta o, per lo meno, diede il proprio consenso per avviare il programma di ricerca. Le autorità guatemalteche si sono ripromesse di collaborare con gli Stati Uniti per chiarire gli aspetti ancora oscuri della vicenda.