“Uno sciopero che nessuno vuole”
Il primo sciopero generale della storia del governo Zapatero, visto da lì
di Lucio Colavero
Si sta tenendo in Spagna uno sciopero generale, il settimo della storia della nazione dalla fine della dittatura e il primo da quando il primo ministro è il socialista José Luis Rodríguez Zapatero.
Indetto dai due principali sindacati del paese, CCOO e UGT, lo sciopero è la risposta alla nuova riforma del lavoro approvata in via definitiva venti giorni fa dal governo socialista, successivamente alla rottura delle trattative aperte con gli stessi sindacati.
Lo sciopero è iniziato in nottata, con i picchetti dei lavoratori davanti le grandi fabbriche, i mercati centrali e i depositi dei mezzi del trasporto pubblico, ed è continuata durante tutta la mattinata per le strade del centro delle grandi città, dove cortei improvvisati hanno obbligato negozi e supermercati alla chiusura. Fino a ora pochi e brevi i momenti di tensione con la polizia, sfociati in cariche di alleggerimento. Lo sciopero generale si concluderà in serata con un centinaio di cortei per le principali città spagnole, cinque solo a Madrid.
I sindacati hanno già proclamato il succeso della giornata, sostenendo che la partecipazione allo sciopero avrebbe coinvolto il 70 per cento dei lavoratori spagnoli. Il governo non si è ancora espresso ma c’è un dato sembra dare ragione ai sindacati: il consumo elettrico della mattina, indice di produttività delle aziende, è sceso oggi del 17 per cento. Il trasporto pubblico invece ha subito gravi ritardi ma è stato garantito un “livello di servizio minimo”.
La riforma del lavoro, avviata per Real Decreto (il nostro decreto legge) e confermata dal parlamento, è contestata dai sindacati in quanto tenderebbe a agevolare il licenziamento da parte delle imprese. Incrementa i casi di “giusta causa” e abbassa l’indennizzo per il lavoratore dagli attuali 45 giorni per anno ai 33 o addirittura ai 20, in relazione al tipo di contratto rescisso. Un altro punto molto riguarda la possibilità per imprese e lavoratori di discutere, causa crisi economica, le condizioni salariali, logistiche e tecniche del lavoro, senza basarsi quindi sui paletti posti dai contratti di categorie o eventuali sindacati. La stessa riforma cerca anche di regolare l’abuso dei contratti temporanei o di collaborazione, obbligando ad assumere a tempo indeterminato quel lavoratore che abbia già lavorato per tre anni nella stessa impresa o “gruppo di imprese” con uno o più contratti differenti.
Lo sciopero generale arriva in un momento di forte divisione del paese: il governo socialista è al minimo del gradimento e l’opposizione di centrodestra cerca di avvantaggiarsene. Miguel Ángel Aguilar ha descritto così la situazione sul País, ieri:
Ci hanno trascinato in uno sciopero che nessuno vuole. I sindacati si sono sentiti obbligati a convocarlo per non perdere la faccia. Gli imprenditori si mostrano contrari, ma solo perché un eventuale successo dello sciopero favorirebbe i loro avversari, i sindacati. Il Partito Popolare [il principale partito di centro-destra, ndr] vorrebbe l’impossibile: indebolire sia il sindacato che il partito socialista. Il governo pensa che lo sciopero potrebbe dare credibilità internazionale al rigore della politica economica che sta adottando, ma solo a condizione che l’affluenza alle manifestazioni non risulti troppo alta. Un successo clamoroso non lo vogliono nemmeno i sindacati: non sarebbero capaci di gestirlo e inoltre favorirebbe l’alternativa politica al partito socialista, una pessima scommessa per il futuro.