L’aria che tira a Santa Lucia
L'economia di Santa Lucia è basata sulla riservatezza garantita agli investitori
Più che le imprecisioni e le differenze nei vari modelli di carta intestata, la cosa più strana dell’ormai famoso documento di Santa Lucia è una: perché una nazione che fonda la sua economia – e la sua esistenza – sulla riservatezza e sulla protezione che garantisce ai suoi investitori e correntisti dovrebbe diffondere in modo così disinvolto e sbarazzino l’identità di uno di questi? Per sostenere o alludere al fatto che dietro la diffusione del documento ci sia un’opera di pressione – se non addirittura di corruzione – da parte di personaggi italiani, infatti, si dovrebbe spiegare in che modo le pressioni riescono a superare la quantità di danni che un’azione del genere può provocare a Santa Lucia, quantificabili probabilmente nell’ordine di miliardi di euro.
Nei giorni scorsi si è cominciato a discutere delle possibili implicazioni di questa storia per l’isola di Santa Lucia e la sua economia, e qualcuno ha parlato – senza fornire ulteriori dettagli, e d’altra parte non che sia facile – di una generica “fuga degli investitori”. Oggi i quotidiani italiani circostanziano o fatto e ci raccontano della reazione comprensibilmente preoccupata di un pezzo della politica dell’isola. Il Corriere della Sera ha sentito il presidente del partito di opposizione, Peter Alexander, che avrebbe deciso di fare di questa storia “un caso politico”.
«È chiaro che essere immischiati in uno scandalo del genere, arrivato fin qui rumorosamente attraverso la stampa internazionale, non fa bene alla nostra isola. Non va bene per gli investimenti e tantomeno per gli investitori. Ci danneggia economicamente. Quindi chiederemo al nostro governo di chiarire fino in fondo questa storia, di capire da dove vengono i soldi, quali sono i flussi finanziari. E che collabori con il governo italiano, ovviamente. Se c’è stata una mancanza di trasparenza, se qualcuno ha fatto qualche passo falso pagherà»
È interessante questo, ed è interessante anche il fatto che a fronte della sua preoccupazione, Alexander non ha il minimo dubbio su due faccende: sull’autenticità del documento e sulla scarsa rilevanza del percorso compiuto dal documento per arrivare sui giornali dominicani.
«Io dico che il problema non è come una carta finisca su un giornale. Semmai capire se è vera, e mi pare che in questo caso sia stato dimostrato che è autentica. Come ha spiegato il ministro, ci sono dei documenti che collegano Santa Lucia al vostro scandalo italiano e io credo che siano affidabili»
È più strana, invece, l’intervista fatta da Repubblica a Kenny Anthony, primo ministro dell’isola di Santa Lucia dal 1996 al 2007. Anthony sostiene di non sapere “cosa abbia spinto il ministro della Giustizia a svolgere delle indagini” sulla società Printemps, che la procedura è stata “inconsueta e soprattutto illegale” e che “inconsueto e inedito è stato convocare la stampa italiana per riferire i contenuti di una nota, diretta al primo ministro, segreta e confidenziale”.
Sappiamo che il ministro della giustizia Francis ha detto di aver avviato delle indagini sulla società che controlla la Printemps per via delle notizie che arrivavano dall’Italia e della potenziale cattiva pubblicità. Anthony risponde che “non si avviano delle indagini sulla base di voci e notizie di stampa” e spiega anche lui che ora c’è il rischio di “una fuga di massa di miliardi di capitali”. Poi precisa:
“Si avviano delle indagini se c’è un’autorità straniera che lo chiede formalmente. Nel caso di rogatoria o per comprovati indizi che la società, nella sua attività, sta commettendo dei reati. Riciclaggio, frodi, traffici illegali”
Per la Corporate agent ltd ci deve essere stata una richiesta di rogatoria. Da parte di chi?
“Una richiesta da parte di un’autorità legislativa, superiore. Ma non mi sembra questo il caso”
La cosa è strana perché in realtà il caso è proprio questo. È noto infatti che già quasi due mesi fa, durante le prime fasi dell’inchiesta della procura di Roma, sia stata disposta una rogatoria internazionale per ottenere i dettagli sulla compravendita dell’immobile di Montecarlo e sulla reale identità dei suoi proprietari. È un fatto certo, confermato da tutti gli attori della vicenda. Ma Anthony dice che in quel caso la procedura sarebbe stata diversa.
“Il ministro avrebbe aperto un fascicolo, avrebbe delegato gli uffici preposti, avrebbe steso una relazione. Tutto alla luce del sole. Invece, in questo caso c’è stata una nota confidenziale destinata al primo ministro. Qualcosa di informale”
Le due cose – l’apertura ufficiale del fascicolo e la nota informale al primo ministro – ovviamente non si escludono. Anthony conclude tenendosi molto cauto, dice di non avere “elementi sufficienti” per poter sostenere che l’indagine sia stata avviata su pressioni esterne – non cita del tutto l’esistenza della rogatoria, insomma – e dice di non avere idea nemmeno del percorso fatto dal documento: “si possono fare molte ipotesi”. Su quelle che hanno a che fare con intelligence e faccendieri, Anthony mostra la stessa cautela. “Ho sentito queste voci. Forse c’è un po’ di esagerazione”.