Il Nobel a Liu Xiaobo, chiedono i dissidenti cinesi
Prende più forza la candidatura al Nobel per la pace dell'attivista cinese Liu Xiaobo
La settimana scorsa ci eravamo chiesti quali fossero i candidati con più probabilità di vincere il premio Nobel per la pace che verrà assegnato il prossimo 8 ottobre. Ne era uscita una lista di sei nomi, tra cui quello di Liu Xiaobo: attivista e intellettuale cinese condannato a undici anni di carcere nel 2009 per atti sovversivi contro il governo.
Negli ultimi giorni la sua candidatura sembra avere acquistato più forza, soprattutto grazie al sostegno di un gruppo di oltre centoventi intellettuali cinesi che venerdì scorso hanno lanciato un appello in suo favore. «Se sceglierà il suo nome, il Comitato del Premio Nobel manderà un messaggio molto forte al governo cinese», hanno scritto in una lettera aperta pubblicata su Boxun, uno dei siti d’informazione sulla Cina più seguiti all’estero, «molte persone in Cina e nel mondo sono al suo fianco e credono nella sua battaglia per la libertà e i diritti umani».
Liu Xiaobo è uno degli attivisti politici cinesi più conosciuti, da sempre impegnato nella lotta per la difesa dei diritti civili. In occasione del sessantesimo anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, nel dicembre del 2008, Liu promosse e coordinò la stesura di Charta 08, un manifesto che voleva promuovere una serie di riforme politiche volte alla democratizzazione della Repubblica popolare cinese. Fu arrestato due giorni prima della pubblicazione del manifesto – che in seguito fu sottoscritto da oltre diecimila persone – e nel dicembre del 2009, dopo mesi di prigionia, fu condannato a undici anni di carcere con una sentenza molto criticata all’estero. Di recente è giunta notizia che potrebbe essere stato trasferito a Liaoning, in una diversa prigione.
In passato Liu era stato in carcere altre due volte per la sua attività politica. La prima volta, nel 1989, fu imprigionato per venti mesi per avere partecipato alle manifestazioni di piazza Tienanmen. La seconda volta, nel 1996, fu condannato a tre anni di lavoro in un campo di rieducazione per «disturbo della quiete pubblica», per aver criticato il partito comunista cinese.