Brogli oltre la soglia di guardia nelle elezioni afgane
In un terzo delle province i risultati sono contestati, con ampie prove di violenze
Secondo il New York Times le prove di brogli nelle elezioni per il rinnovo del parlamento afgano dello scorso weekend starebbero diventando allarmanti: potrebbero esserne influenzati i risultati in un terzo delle province, e la riuscita del nuovo test sul percorso di stabilità politica del paese.
Video e testimonianze segnalano pressioni e violenze sugli impiegati ai seggi, o inganni perpetrati dagli stessi, urne elettorali violate illecitamente, trattative economiche sui voti. Le contestazioni sono state riportate sia dai candidati che si dicono truffati sia dagli osservatori e diplomatici internazionali. I brogli favorirebbero fronti diversi: anche quello del governo di Hamid Karzai – a Kandahar, in particolare – ma più spesso piccoli poteri locali.
La commissione dei ricorsi elettorali afferma di aver ricevuto oltre tremila contestazioni, di averne registrate 1800 e considerarne “serie” – potenzialmente rilevanti per il risultato finale – oltre la metà. Le situazioni peggiori riguardano tredici delle 34 province afgane, ma in altre quattro i ricorsi non sono stati ancora vagliati. Sono dati preliminari e su situazioni da verificare caso per caso, ma “sono dati preliminari pessimi”, dice un osservatore internazionale citato dall’articolo. Che indica anche come fossero previsti problemi nelle province meridionali a maggioranza Pashtun, ma che le cose si sono dimostrate preoccupanti in molte altre aree, con un ritorno di aggressività di poteri e clan locali che hanno minacciato con armi e violenze gli elettori.
Le diplomazie internazionali attente allo sviluppo del sistema democratico in Afghanistan stanno cercando di tenersi distanti dalle polemiche e dalle accuse dei singoli candidati, ma il New York Times riferisce di grande preoccupazione rispetto all’obiettivo di dimostrare l’autosufficienza del paese in questo senso. Per non dire delle difficoltà di continuare ad appoggiare un governo la cui legittimazione democratica è fortemente messa in dubbio.