Il Messico vuole proteggere i giornalisti
Il presidente Calderon ha annunciato un piano per difendere i giornalisti dai narcotrafficanti
Ieri il presidente messicano Felipe Calderon ha annunciato di star lavorando a un piano di protezione per i giornalisti, una delle categorie più attaccate e intimidite dai narcotrafficanti. La Commissione per la Protezione dei Giornalisti di New York ha calcolato che solo negli ultimi quattro anni ne sarebbero stati uccisi ventidue.
Domenica scorsa, per la prima volta dall’inizio della guerra alla droga in Messico, il quotidiano principale di Ciudad Jaurez, El Diario, ha comunicato direttamente con i narcotrafficanti con un editoriale dal titolo Cosa volete da noi? che ne riconosceva l’autorità sulla città («Al momento siete di fatto l’autorità della città, perché le istituzioni non sono state capaci di salvare i nostri colleghi dalla morte»), proponendo una tregua. Solo pochi giorni prima, un fotografo ventunenne del giornale era stato ucciso a colpi di pistola.
Il piano dell’amministrazione Calderon, finora solo raramente in grado di arginare il potere crescente dei cartelli della droga, prevede un canale privilegiato tra giornalisti e forze dell’ordine, in modo che questi possano chiederne l’aiuto appena minacciati. Verrà poi costituito un consiglio per identificare meglio le cause dietro gli attacchi e verranno effettuate delle riforme alle leggi sulla stampa vigenti. In caso di minacce serie i giornalisti potranno poi godere dell’aiuto del governo per essere trasferiti e protetti in luoghi sicuri. Il progetto prende spunto da quello già attuato con parziale successo in Colombia, che prevede anche accorgimenti come l’assenza della firma del giornalista dagli articoli più potenzialmente pericolosi.
L’editoriale di El Diario era sì rivolto ai narcotrafficanti, ma aveva come obiettivo principale quello di aprire un dibattito pubblico sul problema, sottolineato per la prima volta in maniera così esplicita dall’inizio della guerra alla droga. Oltre all’annuncio di Calderon, sono state molte le reazioni sia nella sfera politica che in quella giornalistica, e molti quotidiani hanno approvato la scelta di El Diario.
L’editoriale potrebbe essere un punto di svolta per i messicani, spinti a riconoscere quanto la corruzione influisca sulla libertà d’espressione nel paese americano considerato più pericoloso per i giornalisti. El Diario ha colto un sentimento di disperazione nazionale, ha detto Jose Martin Mayoral Lozano, il direttore di un quotidiano che ha limitato i suoi articoli sulla guerra alla droga dopo che i narcos hanno dato fuoco alla sua automobile nel 2005.
Oltre alle mancanze del governo — spesso restìo a riconoscere che i crimini contro i giornalisti siano legati al loro lavoro d’informazione — anche i giornalisti hanno le loro colpe: accade non di rado infatti che si lascino corrompere dai cartelli della droga, che comprano il loro silenzio o li usano come megafoni, per diffondere messaggi e notizie che gli interessano.