La patacca dei Caraibi
Le domande sul "dossier Santo Domingo" di Flavia Perina e dei finiani
di Flavia Perina
Il solo fatto che la politica italiana sia appesa allo scoop di un giornale che si chiama Listin Diario, edito non a Washington o a Berlino ma a Santo Domingo, rivela l’abisso in cui la campagna di delegittimazione contro Gianfranco Fini sta sprofondando il nostro Paese. Attività di dossieraggio bugiardo ne abbiamo già viste nella notte della Repubblica, ma qui persino le modalità sono disonorevoli e grottesche.
La lettera del ministro della giustizia di Santa Lucia è stata tratta da un sito che “anticipa” la pubblicazione sul quotidiano. La solenne intestazione della missiva («Attorney – General’s Chambers») può essere scaricata da internet. Il ministro Rudolph Francis che la dovrebbe aver firmata è stato nominato, il 26 luglio scorso, da un governo che Libero indica come un ottimo amico di Silvio Berlusconi. Francis, nel testo diffuso da Dagospia, afferma di aver attivato “corrispondenti” di una società Usa per scoprire la verità sulla casa di Montecarlo allo scopo di salvaguardare il paradiso fiscale di Saint Lucia (150mila abitanti, più piccolo di Prato) «da una possibile pubblicità negativa».
Farebbe ridere se l’obbiettivo non fosse la terza carica dello Stato e se questa surreale bufala non arrivasse a coronamento di una escalation velenosa finalizzata a un obbiettivo che non sfugge a nessuno: cancellare il principale competitore dell’attuale presidente del Consiglio. Qui non interessa più se la campagna mediatica antifiniana sia eterodiretta o meno. Siamo oltre quei discorsi. Qui bisogna spiegare al Paese se è ancora possibile esercitare le ordinarie libertà politiche fuori da una cappa di ricatti, pressioni, intimidazioni che non hanno precedenti.
Il paradosso della giornata di ieri è sotto gli occhi di tutti. Lo stesso Pdl che si è dato da fare in nome del garantismo per salvare Nicola Cosentino, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e reo confesso del dossieraggio contro il governatore Caldoro, non ha trovato nulla di inusuale, scandaloso, sospetto, nell’operazione Santa Lucia. Anzi Ignazio La Russa ha detto che «l’unico dossieraggio è quello contro Berlusconi». E Sandro Bondi ha praticamente invitato Fini alle dimissioni riproponendo i ragionamenti sulla sua incompatibilità. Appena due giorni fa, con un lungo articolo sul Corriere, Paolo Mieli rinverdiva gli allori degli antichi dossieraggi del Sifar all’epoca di De Lorenzo, raccontando come il servizio avesse «allestito dossier diffamatori (spesso non corroborati da prove) su quasi tutti gli uomini politici italiani». Quell’attività di schedatura tra mezze verità con i suoi segreti ricatti inquinò un’intera stagione della vita politica italiana ed è surreale constatare che comunque, paragonata all’oggi, aveva una sua “qualità” (oltreché una motivazione nella guerra fredda). Oggi siamo agli stracci, al fondo del barile.
Ieri tanti colleghi ci hanno chiesto ragione della rottura politica determinata dall’affaire Santa Lucia, con l’interruzione del confronto sulla giustizia che avrebbe dovuto impegnare Giulia Bongiorno e Niccolò Ghedini. Prima che si possa riparlare di giustizia, di “scudi”, di tutela di chicchessia, qui è necessario avere risposte su alcuni fatti precisi. È vero, come ha scritto Libero che «c’è un rapporto personale tra l’ex primo ministro di Santa Lucia e Silvio Berlusconi» che «deve far tremare Fini»? È vero, come ha scritto il Giornale il 17 settembre scorso che sono stati inviati a Santa Lucia agenti dei servizi e della Guardia di Finanza, e chi li ha mandati? È vero che a Santa Lucia ci sono, e da tempo, inviati della testata di Paolo Berlusconi, il Giornale e del mondadoriano Panorama? È vero che la lettera di Rudolph Francis, con la dicitura «riservata e confidenziale» è stata fatta filtrare alla stampa estera attraverso un sito di Santo Domingo, località di residenza – guarda caso – di Luciano Gaucci?
Ed è solo una coincidenza che Gaucci sia la “mina vagante” della stagione dei talk show, indicato negli scorsi giorni come possibile ospite eccellente di Matrix, L’ultima parola e persino Quelli che i calcio? Cosa significa l’ambigua nota in coda alla lettera di Francis «le nostre indagini restano in corso in una prospettiva di una determinazione finale»? E ancora, come è immaginabile che il ministro di un paradiso fiscale giudichi «pubblicità negativa» la segretezza delle società off-shore, posto che essa è il principale motivo per cui il suo Paese sta in piedi? Dice niente a nessuno il fatto che l’attuale editore di El National, Ramon Baez Figueroa, sia anche proprietario di diverse reti televisive come Telecanal e Supercanal?
Ecco, prima di riparlare di politica bisognerà avere chiarimenti su tutto questo. Perché non sfugge a nessuno che la precondizione minima di ogni dialogo è la convinzione che il confronto si svolga alla pari e su un piano di trasparenza. Dobbiamo sapere, non noi “finiani” ma tutti gli italiani, se le istituzioni italiane sono o no estranee a questa trama fangosa che punta, è necessario ripeterlo (e Bondi lo ha detto chiaramente) a eliminare la terza carica dello Stato. Sì, Gianfranco Fini, il presidente della Camera, sul quale – lo ha scritto il Giornale – il presidente del Consiglio imbastisce parodie musicali davanti all’assemblea degli imprenditori riuniti a cena a Villa Germetto intonando «se ci lasci è un affare», sulle note di Julio Iglesias.