Stati Uniti, nulla di fatto per i gay nell’esercito
Il Senato americano accantona la legge che avrebbe permesso ai militari gay di rivelare la loro identità
Ieri il Senato americano è stato costretto ad accantonare il voto sull’abolizione della norma cosiddetta don’t task don’t tell – la legge che consente a gay e lesbiche di arruolarsi nell’esercito americano a patto di tenere segreta la propria omosessualità – dopo avere verificato che sarebbero mancati i voti per l’approvazione definitiva. Per il momento l’ostruzionismo dei repubblicani ha avuto la meglio e ora per il voto finale si dovrà attendere la fine della campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato.
Durante la lunga discussione di ieri in Senato i democratici hanno verificato che per l’approvazione sarebbero mancati quattro voti. Neanche le due senatrici repubblicane e moderate del Maine, Susan Collins e Olympia Snowe, che si erano espresse in favore dell’abolizione, alla fine hanno deciso di votare favorevolmente. «Mi trovo in un dilemma», ha commentato la Collins, «sono a favore dell’abolizione del don’t task don’t tell ma non posso dare il mio voto in una situazione che non consente il dibattito e preclude ai repubblicani la possibilità di presentare degli emendamenti».
La Collins si riferiva alla decisione del leader della maggioranza al Senato Harry Reid di non accettare la richiesta dei repubblicani di discutere una ventina di emendamenti alla proposta di legge. I repubblicani avevano infatti intenzione di eliminare dalla legge il cosiddetto DREAM Act: un provvedimento che consentirebbe ai giovani figli di immigrati che frequentano l’università o che sono arruolati nell’esercito di ottenere la cittadinanza americana. «Il Dipartimento della Difesa ha dichiarato esplicitamente che il DREAM Act è di importanza cruciale per rafforzare l’esercito», ha detto Reid motivando la sua decisione «i repubblicani dovrebbero sapere meglio di chiunque altro che i cittadini americani che decidono di servire la nostra nazione dovrebbero avere un cammino privilegiato per ottenere la cittadinanza, e che chiunque voglia entrare volontariamente nell’esercito dovrebbe essere il benvenuto indipendentemente dal proprio orientamento sessuale».
I democratici hanno accusato i repubblicani di avere bloccato l’appprovazione del National Defense Authorization Act – un provvedimento che di solito passa con il supporto bipartisan di entrambi gli schieramenti – solo per ostacolare l’abolizione del don’t ask don’t tell e del DREAM Act. Dal canto loro i repubblicani hanno accusato i democratici di avere cercato di usare in modo strumentale un provvedimento importante come quello – che prevede lo stanziamento di 726 miliardi di dollari per le spese militari del prossimo anno – per cercare di recuperare consensi nella loro base elettorale in vista delle prossime elezioni di metà mandato. Secondo un sondaggio del Pew Research Center dello scorso febbraio, il 61 per cento degli americani sarebbe favorevole all’abrogazione della legge, mentre solo il 27 per cento sarebbe contrario. «Non ho mai viso usare in modo così cinico i bisogni degli uomini e delle donne del nostro esercito», ha detto il senatore repubblicano John McCain «si tratta solo di un tentativo di salvare una campagna elettorale che si preannuncia perdente».
I repubblicani hanno chiesto che la votazione finale si tenga soltanto quando il Pentagono avrà completato uno studio sugli effetti che l’abolizione del don’t ask don’t tell potrebbe avere sulle truppe e i cui risultati sono attesi per il primo dicembre. «La cosa più importante che dovremmo fare per onorare il sacrificio delle nostre truppe è prendere tempo per sentire che cosa ne pensano», ha detto McCain «abolire questa legge prima di conoscere i risultati dello studio costituirebbe un insulto per i nostri soldati». Secondo i repubblicani, l’abrogazione della legge in un momento in cui le truppe sono ancora impegnate su due fronti potrebbe mettere a rischio il morale dei militari. Il capo di stato maggiore Mullen e il ministro della difesa Gates si sono detti entrambi favorevoli all’abolizione della norma.
Dall’entrata in vigore della legge nel 1993, circa 13mila persone sono state allontanate dall’esercito a causa del loro orientamento sessuale. Nella maggior parte dei casi si è trattato di esclusioni seguite alla rivelazione volontaria da parte dei membri dell’esercito, ma i gruppi che si battono per i diritti dei gay denunciano che in molti casi la legge è stata usata come pretesto per liberarsi da colleghi indesiderati, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.