Le dieci cose più folli mai dette all’assemblea ONU
Le elenca Foreign Policy: da quelle appassionate a quelle provocatorie, a quelle semplicemente bizzarre
Ieri si sono aperti i lavori della 65esima assemblea generale delle Nazioni Unite, il principale e più rappresentativo organo istituzionale dell’ONU, composto dai rappresentanti di tutti i paesi aderenti. Questi gli otto punti che verranno affrontati:
Dimezzare il numero delle persone che vive con meno di un dollaro al giorno, garantire l’istruzione primaria a tutti, promuovere la parità dei sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, bloccare la diffusione di Hiv-Aids, malaria e altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo.
Per l’occasione, Foreign Policy ha ripubblicato una vecchia lista delle dieci così più folli mai dette durante un discorso alle Nazioni Unite. Folli in ogni senso: “da quelle appassionate a quelle provocatorie, a quelle semplicemente bizzarre”. E domani parlerà anche il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, già presente tra i dieci di questa lista: chissà che non ne dica un’altra.
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Krishna Menon, diplomatico indiano, 1957
«Il consiglio di sicurezza considera questa una disputa. Ma non è una disputa per un territorio. Davanti a voi c’è solo un problema… il problema dell’aggressione»
Fu il più lungo discorso mai tenuto in un consiglio dell’ONU: otto ore di ostruzionismo a difesa dell’India nel dibattito sul Kashmir. Durante il discorso Menon è collassato e ha dovuto essere ricoverato: poi è tornato e ha continuato a parlare, assistito da un dottore che gli controllava la pressione.
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Fidel Castro, presidente di Cuba, 1960
«Se Kennedy non fosse milionario, analfabeta e ignorante capirebbe che non si può fare una rivolta contro i contadini»
Anche Castro non ha scherzato, esattamente cinquant’anni fa, quando ha criticato violentemente e per quattro ore e mezza Kennedy, Nixon e l’imperialismo americano, in piena crisi di rapporti tra gli Stati Uniti e Cuba. Castro è collegato anche a un altro ricordo bizzarro dell’assemblea di quell’anno: chiese di avere dei polli vivi nella sua camera d’albergo.
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Nikita Chruščëv, presidente dell’Unione Sovietica, 1960
«Presidente, richiami all’ordine quei leccapiedi dell’imperialismo americano»
È stato uno dei momenti più simbolici della Guerra Fredda. Con questa frase Chruščëv ha zittito un delegato delle Filippine che stava attaccando l’imperialismo sovietico, per poi togliersi la scarpa e batterla con forza sul tavolo.
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Henry Cabot Lodge, ambasciatore statunitense, 1960
«Come potete vedere da soli, abbiamo qui oggi un chiaro esempio di spionaggio sovietico»
Stesso anno. Durante una discussione sull’abbattimento di un aereo spia americano su territorio sovietico, l’ambasciatore degli Stati Uniti Lodge è passato all’attacco: ha mostrato all’assemblea un’aquila in legno donata dalla Soviet-American Friendship Society all’ambasciata americana e con delle pinzette ha estratto dal becco un piccolo microfono. Dopo il gesto di Lodge, la risoluzione dell’Unione Sovietica che condannava i voli spia degli Stati Uniti non è passata.
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Yasser Arafat, leader dell’OLP, 1974
«L’ordine del mondo antico si sta sgretolando di fronte ai nostri occhi, dal momento che imperialismo, colonialismo, neocolonialismo e razzismo, la cui espressione principale è il sionismo, periscono ineluttabilmente»
È stato il primo discorso tenuto all’Assemblea generale dal rappresentante di una organizzazione non governativa, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. L’attacco di Arafat al sionismo ha portato alla celebre risoluzione ONU dell’anno successivo “Sionismo uguale razzismo”, che ha raffreddato i rapporti tra l’Assemblea generale e Israele.
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Daniel Ortega, presidente del Nicaragua, 1987
«Prima di rivolgersi a quelle teste calde che propongono azioni militari come l’invasione, si ricordi, presidente Reagan, che Rambo esiste solo nei film»
Un altro attacco agli Stati Uniti, questa volta per bocca del presidente del Nicaragua Ortega, forte critico della politica statunitense nell’America Centrale. In particolare per i finanziamenti ai gruppi armati contras e il sostegno della dittatura di Anastasio Somoza Garcia che, secondo Ortega “ha dissanguato i nicaraguensi”. La reazione del delegato degli Stati Uniti è stata quella di andarsene: “i nicaraguensi saranno rimasti seduti ad ascoltare, io no”.
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Hugo Chávez, presidente del Venezuela, 2006
«Ieri il diavolo è passato di qua, si sente ancora puzza di zolfo»
Chávez è solito a uscite provocatorie e l’assemblea dell’ONU è uno dei suoi palchi preferiti. In quest’occasione l’attacco era diretto a George W. Bush, paragonato nientemeno che a Satana. L’anno scorso Chavez si è autocitato, dichiarando che «non c’è più odore di zolfo» da quando Obama è diventato presidente.
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Omar al-Bashir, presidente del Sudan, 2006
«Il quadro che hanno dipinto le organizzazioni di volontari per sollecitare assistenza e aiuto ha portato a conseguenze negative»
Al-Bashir ha negato che in Darfur fosse in corso un genocidio, accusando invece le organizzazioni non governative occidentali di aver orchestrato un piano per ricevere più finanziamenti. Bashir, insieme ad Ahmadinejad, ha inoltre accusato Israele di aver diffuso menzogne per indebolire il governo sudanese.
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Mahmoud Ahmadinejad, presidente dell’Iran, 2008
«La dignità, l’integrità e i diritti di americani ed europei sono messi in pericolo da un piccolo ma pericoloso gruppo di persone chiamati sionisti. Nonostante siano una minoranza minuscola, hanno manipolato in modo fraudolento e complesso fette importanti di centri finanziari, monetari e politici degli Stati Uniti e di diversi paesi europei»
Ahmadinejad ha usato regolarmente il palco dell’assemblea dell’ONU per attaccare il potere dell’Occidente, con un occhio particolare al suo acerrimo nemico, Israele. Nel 2008 ha accusato «l’entità sionista» di essere colpevole di vari crimini, tra cui l’aver causato la guerra nell’Ossezia del Sud. Una caratteristica dei discorsi del presidente iraniano è il forte uso della retorica religiosa e degli insegnamenti sciiti.
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Mu’ammar Gheddafi, presidente della Libia, 2009
«Non dovrebbe essere chiamato consiglio di sicurezza, ma consiglio di terrorismo»
Dopo essere stato quarant’anni al potere in Libia, l’anno scorso Gheddafi ha parlato per la prima — e probabilmente per l’ultima — volta all’Assemblea generale. Il discorso è durato cento minuti e conteneva metà delle teorie complottiste del secolo, dall’accusa agli Stati Uniti di aver creato e diffuso l’influenza suina e quella di aver mentito sull’assassinio Kennedy. L’ira di Gheddafi si è abbattuta soprattutto sul consiglio di sicurezza dell’ONU, che ha paragonato ad al Qaida.