Agenti provocatori
Un ragazzo libanese è stato arrestato, accusato di voler far saltare in aria un grattacielo
Un ragazzo è stato arrestato domenica a Chicago, accusato di aver posizionato una bomba nascosta in un pacco vicino Wrigley Field, lo stadio dove si giocano le partite di baseball dei Cubs. Fin qui, una robusta notizia sull’allarme terrorismo: se non fosse che il pacco non conteneva nessuna bomba, ma il ragazzo non lo sapeva; e che il finto esplosivo gli era stato procurato da un agente dell’FBI sotto copertura. Il ragazzo si chiama Sami Samir Hassoun, ha 22 anni, è libanese ed è accusato di aver tentato di usare armi di distruzione di massa.
Non è la prima volta che l’FBI utilizza un simile stratagemma per incastrare dei sospetti e verificare le loro reali intenzioni. L’anno scorso la polizia federale statunitense arrestò a Dallas un ragazzo di nazionalità giordana con simili accuse. Un agente dell’FBI aveva letto diversi suoi messaggi su un sito internet di orientamento estremista, in cui il ragazzo diceva di trovarsi negli Stati Uniti e voler agire: l’agente gli rispose fingendosi un terrorista pronto a dargli una mano ed effettivamente gli fornì quello che il ragazzo credeva fosse dell’esplosivo. Quando questi lo posizionò vicino a un grattacielo di Dallas e spinse il pulsante del finto detonatore, le autorità lo arrestarono. La stessa cosa è avvenuta qualche tempo fa a Springfield, in Illinois, e nel maggio del 2009 a New York, quando quattro persone furono arrestate per aver tentato di far saltare in aria – con dell’esplosivo finto, procurato loro dall’FBI – due sinagoghe a New York.
Nel caso di Chicago, l’FBI ha detto che un informatore li aveva avvertiti un anno fa delle intenzioni di Hassoun. L’informatore si fingeva un terrorista: gli disse di non avere collegamenti ad altri gruppi e gli fece credere che gli avrebbe fatto avere una grossa quantità di denaro se avesse portato a termine l’attacco. L’informatore strinse quindi un rapporto con Hassoun, mentre l’FBI intercettava le loro telefonate. All’informatore dell’FBI il ragazzo diceva inizialmente di voler fare solo un gesto dimostrativo, “senza vittime”, ma poi decise che per attirare l’attenzione del pubblico ci voleva un’azione di altre dimensioni. “Farò tremare Chicago”, disse a un certo punto. A quel punto Hassoun iniziò a percorrere diverse ipotesi: rilasciare un virus nell’acquedotto di Chicago, far saltare in aria la Willis Tower (quella che una volta si chiamava Sears Tower, uno dei grattacieli più alti del mondo). Un altro giorno Hassoun disse all’agente sotto copertura che voleva paralizzare il commercio della città. Quando l’agente gli chiese come voleva farlo, la risposta fu: “Parcheggi la macchina, e le fai fare booom”. Le sue intenzioni, insomma, erano chiare. “Non era capace o competente, ma era sicuramente molto determinato a procurarsi il materiale necessario a sferrare l’attacco”, ha detto l’agente a operazione conclusa.
Pochi giorni fa, l’informatore ha messo in contatto Hassoun con l’agente sotto copertura dell’FBI, spacciandolo per un suo amico che poteva dargli una mano a realizzare l’attacco e pagarlo, poi, ad attentato realizzato. Alla fine l’agente fa avere ad Hassoun la finta bomba, Hassoun la mette vicino lo stadio, la bomba non esplode, Hassoun viene arrestato e incriminato.
Il caso riapre la questione sulla legittimità “etica” di simili operazioni di polizia basate sull'”agente provocatore”. Da una parte la logica alla base degli arresti è consolidata in qualsiasi codice penale: si puniscono anche i tentativi di reato, anche quelli che non vanno a buon fine. Dall’altra parte questi tentativi avvengono solo grazie al lavoro di istigazione degli agenti dell’FBI, che spingono queste persone ad agire e forniscono mezzi e denaro a personaggi che forse altrimenti non avrebbero avuto modo di procurarseli davvero: e rischiano di essere quindi processate le intenzioni. A meno che però, su questo o quel sito internet, invece dell’agente dell’FBI non fosse arrivato un terrorista vero, con dei soldi veri e una bomba, vera. Ma non potrà mai dimostrarlo nessuno.