Venezia 2010
L'immagine canonica di Piazza San Marco e dintorni è diventata stabilmente quella coi cartelloni pubblicitari
La nuova immagine di Venezia dura ormai da abbastanza tempo per essere nota a milioni di turisti che hanno visitato la città in questi anni: da meraviglia geografico-artistica, piazza San marco e dintorni sono diventati un immenso contenitore pubblicitario, con i luoghi più spettacolari, visitati e famosi che si sono visti rubare la scena da enormi immagini dedicate ai più famosi (e anche non) brand italiani e mondiali.
Naturalmente la faccenda non è così facilmente riducibile a “orrendo consumismo e avidità pubblicitaria contro bellezze immortali”. Gli immensi cartelloni che coprono i palazzi in piazza San Marco, che impacchettano il Ponte dei Sospiri, che imbavagliano le facciate della città, occultano in realtà dei ponteggi e dei restauri di costruzioni che sarebbero comunque invisibili (anche se circolano accuse che alcuni ponteggi non coprano nessun restauro); e in più, generano profitti che il comune o gli enti che gestiscono le opere possono reinvestire utilmente. Non è il caso di fare tanto gli schizzinosi, dice insomma una versione. Ma l’effetto resta drammaticamente orrendo, e la solidarietà per il turista che arrivi dall’altra parte del mondo nel viaggio dei suoi sogni per trovarsi di fronte questo – dando un nuovo valore al nome del Ponte dei Sospiri – non si può trattenere. E in città si è discusso assai della questione: di recente provando a progettare modi di finanziamento che escludano simili sacrifici.
E oggi questa nuova Venezia – a cui è diventato difficile pensare come a “una cosa temporanea” – è arrivata sul New York Times, con un articolo che inizia proprio dal Ponte dei Sospiri.
La vista di oggi somiglia più a un gigantesco tendone pubblicitario blu che proclama Bulgari o Coca Cola
Il tendone blu con le nuvole, per la cronaca, è stato commissionato a Oliviero Toscani. “Quando è troppo è troppo”, dice la presidentessa del FAI al New York Times, e la goccia che ha fatto traboccare il vaso pare essere la Coca Cola, misteriosamente più imbarazzante dei Dolce e Gabbana, Chopard e compagnia (altra goccia che ha risvegliato sopite sensibilità è stata quest’estate la foto di Julianne Moore per un cartellone di Bulgari).
“Non siamo nelle condizioni di rifiutare dei soldi”, dice invece Renata Codello del Ministero della Cultura, introducendo non solo le ragioni estetiche dei restauri ma anche quelle imbattibili dei “pericoli per la sicurezza” dovuti alle condizioni degli edifici da restaurare. E fornendo questi dati: il Ministero ha 47 milioni per i restauri in tutta Italia, e non bastano. 1 milione e 800 mila euro vanno al Veneto, e non bastano.
La legge che consente agli sponsor di gestire i lavori di restauro è del 2004, ma secondo una fonte del New York Times non ha portato più soldi di prima. L’articolo cita anche il famoso e sintomatico caso della nomina di Mario Resca, ex capo di McDonald’s in Italia, a direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale e le ipotesi di privatizzazione del suddetto patrimonio.
Sul Ponte dei Sospiri e sul palazzo Ducale, la società che si occupa del restauro (e dei cartelloni) promette che dovrebbe terminare tutto per ottobre 2011: ma è chiaro che il meccanismo si perpetuerebbe, spostando immagini pubblicitarie da un luogo all’altro di Venezia, in perenne necessità di manutenzione. I veneziani critici interpellati sulla questione dal New York Times dicono che mettere cartelloni a Venezia non è come metterli sul Colosseo, che c’è una delicatezza e dimensione di rapporti tra il costruito, i vuoti, l’acqua, e i dannati cartelloni. E che forse si potrebbero scegliere immagini e composizioni di proporzioni meno mastodontiche. Ma il sindaco Orsoni dice che il Comune ha altro di cui occuparsi: “Non siamo un’agenzia pubblicitaria”.