Chi vincerà il Nobel per la pace?
Prima di cadere dalla sedia come l'anno scorso, vediamo cosa può succedere tra venti giorni
di Emanuele Menietti
Il prossimo 8 ottobre, sarà un venerdì, alle 11 del mattino la fondazione del Premio Nobel annuncerà il vincitore del 2010 del famoso riconoscimento per la pace. Quest’anno i membri del Comitato organizzatore hanno dovuto analizzare 237 differenti candidature, il numero più alto nella storia del premio per la pace. Oltre ai singoli candidati, sono state inviate 38 proposte per organizzazioni umanitarie e non governative. Intorno alle candidature c’è come da tradizione il massimo riserbo e le regole prescrivono che si debbano attendere 50 anni per conoscere l’elenco delle persone e delle organizzazioni candidate.
Nonostante l’organizzazione del Premio Nobel non abbia quindi fornito alcuna indicazione sui possibili candidati, nelle ultime settimane hanno iniziato a circolare diversi nomi di potenziali vincitori o di candidati entrati nella selezione. Alcuni di questi nomi si fanno già da anni, mentre altri si sono aggiunti di recente e potrebbero avere chance concrete di ottenere il Nobel per la pace.
Internet
È una delle poche candidature certe. È sostenuta dall’edizione italiana del mensile Wired che vede la Rete come «un intreccio infinito di persone». Secondo i promotori, Internet consente a donne e uomini in ogni luogo di mettersi in contatto tra loro grazie a un mezzo semplice e accessibile per la comunicazione e lo scambio di conoscenza. Riccardo Luna, il direttore di Wired Italia, si è impegnato in una campagna che dura da quasi un anno e ha raccolto intorno all’iniziativa numerosi partner e alcuni illustri promotori dell’iniziativa come il Nobel per la Pace Shirin Ebadi, il professori Umberto Veronesi, il guru del MIT Nicholas Negroponte e la blogger cubana Yoani Sanchez (a sua volta potenziale premiata).
Un Nobel per la pace a un sistema di comunicazione sarebbe una novità, ma del resto in passato il riconoscimento non è stato assegnato solamente a persone ma anche a organizzazioni come la Croce Rossa, l’UNICEF e Medici Senza Frontiere. Secondo i sostenitori della candidatura, premiando Internet si riconoscerebbe definitivamente l’importanza del mezzo per costruire la pace e si ribadirebbe la necessità di mantenere la Rete libera, un bene di tutti. Per i detrattori – numerosi anche tra i cultori della Rete – premiare un mezzo che può avere anche usi deteriori e non qualcuno che lo ha utilizzato per scopi di pace non ha invece alcun senso.
Yoani Sánchez
Di un possibile Nobel per la pace per la blogger cubana si parla da tempo, e l’ipotesi del riconoscimento era già stata ventilata lo scorso anno, prima dell’assegnazione del premio a Barack Obama. Nata il 4 settembre del 1975, Yoani Maria Sánchez Cordero ha studiato a Cuba: nel 2002, terminata l’università decise di lasciare Cuba e di stabilirsi in Svizzera dove iniziò a interessarsi di informatica. Due anni dopo, decise di tornare a Cuba e partecipò alla creazione di Desde Cuba, un sito web di informazione sul quale teneva anche un blog. Il weblog Generación Y partì nel 2007 e, a partire dal 2008, Sánchez decise di firmare i propri articoli e i rapporti con il regime dell’isola peggiorarono rapidamente.
Oggi, Yoani Sánchez è una delle fonti più ascoltate per comprendere le effettive condizioni di vita a Cuba e le politiche adottate dal regime castrista. Scrivere, ha raccontato in più occasioni, è l’unico modo per combattere le frustrazioni causate dalla situazione cubana e per sentirsi utile. Stando alle ricostruzioni di Sánchez, nel 2008 le autorità cubane avrebbero bloccato l’accesso a Generacion Y agli utenti della rete che abitano sull’isola. Il sito web tornò visibile anche a Cuba un anno dopo circa, ma non è ancora del tutto chiaro se fosse stato bloccato o vi fossero problemi tecnici legati allo stesso spazio online. Nel novembre del 2009 alcuni uomini del regime avrebbero cercato di imprigionare la blogger mentre si recava a una manifestazione. L’episodio è stato raccontato su Generacion Y, ma la propaganda governativa ha cercato di smontare il caso, accusando Sánchez di aver mentito. Intanto il blog è diventato seguitissimo in tutto il mondo e la battaglia di Sanchez celebrata da campagne, battaglie politiche e copertine di riviste.
La consegna del premio Nobel per la pace alla blogger cubana potrebbe portare maggiore attenzione sul rispetto dei diritti umani nel paese, così come potrebbe dimostrare ancora una volta l’importanza della Rete per la condivisione di notizie e informazioni al di fuori dei canali tradizionali di comunicazione. Non a caso, Sanchez è una sostenitrice del conferimento del Nobel a Internet. Secondo i detrattori, invece, dare il riconoscimento alla Sánchez potrebbe essere una scelta azzardata. La blogger è stata accusata in diverse occasioni di ingigantire i propri racconti per fare maggiormente scalpore. Ma questa accusa proviene principalmente dagli ambienti vicini al regime cubano e non è mai stata verificata credibilmente.
Emergency
È l’organizzazione non governativa fondata nel 1994 dal medico italiano Gino Strada in collaborazione con la moglie Teresa Sarti e Carlo Garbagnati. Dalla data della fondazione a oggi, l’ONG è intervenuta in 13 paesi, creando cliniche e ospedali per soccorrere le popolazioni colpite da guerre e conflitti regionali. Attualmente è presente in paesi come l’Iraq, lo Sri Lanka, la Cambogia e l’Afghanistan. Emergency utilizza solitamente un modello economico e sanitario isolato dai servizi sanitari delle aree geografiche in cui interviene. Ciò consente all’ONG di mantenersi indipendente e di offrire un’assistenza medica di qualità, ma molto costosa e secondo i detrattori difficilmente sostenibile nel lungo periodo.
Nel 1999 il premio Nobel per la pace fu conferito a Medici Senza Frontiere, un’organizzazione privata internazionale che porta soccorso sanitario e assistenza medica nelle aree del mondo in cui il diritto alla cura non è garantito. Il premio fu affidato all’associazione «come riconoscimento per il lavoro umanitario pionieristico che l’organizzazione ha realizzato in vari continenti». Da tempo si parla di un simile riconoscimento anche per Emergency, ma a differenza di altre ONG umanitarie, l’organizzazione di Gino Strada non si è risparmiata prese di posizione forti in politica estera. Critiche non sono state risparmiate nei confronti degli Stati Uniti per le guerre in Afghanistan e Iraq e per il comportamento stesso dei soldati al fronte. Forti attriti ci sono stati anche con il governo italiano in seguito al rapimento di tre operatori di Emergency in Afghanistan quest’anno.
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Rania di Giordania
La regina di Giordania, moglie del re Abd Allah II, è da tempo impegnata in attività benefiche per il proprio paese e in ambito internazionale. In Giordania, Rania ha partecipato alla creazione di alcuni piani per garantire una valida istruzione anche tra i meno abbienti e una migliore qualità del servizio sanitario. Per i bambini del paese, la regina collabora anche con l’associazione Save the Children.
In ambito internazionale, Rania lavora con l’UNICEF per migliorare le condizioni di vita dei bambini nelle aree più disagiate del mondo, un progetto cui lavora anche l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela. Ha anche partecipato al lancio di “The Big Read”, una iniziativa per incentivare la lettura tra i più giovani come soluzione per migliorare i livelli di istruzione. La regina è anche impegnata sul fronte del dialogo interculturale e interreligioso per risolvere pacificamente i contenziosi e rimuovere alcuni stereotipi sulla cultura islamica.
Grazie ai numerosi progetti umanitari seguiti negli ultimi anni, Rania ha ottenuto numerosi riconoscimenti per il proprio impegno. La regina è anche Dama di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il prossimo premio potrebbe essere il Nobel per la pace, ma secondo alcuni osservatori Rania dovrà attendere ancora qualche anno. Il premio è già stato conferito a un capo di stato lo scorso anno, dunque il comitato organizzatore potrebbe decidere di privilegiare attivisti e personaggi senza cariche istituzionali di rilievo.
Svetlana Gannushkina
È una attivista che si batte per il rispetto dei diritti umani in Russia. Docente di matematica presso l’Università di Mosca, ha iniziato a occuparsi di diritti umani verso la fine degli anni Ottanta nel periodo dell’implosione del regime sovietico. Nel 1990 ha fondato l’organizzazione non governativa Grazhdanskoe Sodeistvie per tutelare e integrare immigrati e rifugiati politici.
Gannushkina è anche tra i fondatori dello Human Rights Centre Memorial, un’altra organizzazione sempre a tutela dei diritti umani. L’attivista si è occupata per più di un decennio del conflitto in Cecenia offrendo aiuti umanitari e assistenza legale alle popolazioni colpite dalla guerra, con il sostegno della sezione per i rifugiati dell’ONU (UNHCR). Per le proprie attività ha ricevuto numerosi premi e potrebbe dunque essere una buona candidata per il Nobel. Il Comitato del premio per la pace – nominato dal parlamento norvegese – quest’anno è composto da quattro donne e un uomo, condizione che potrebbe favorire ulteriormente la candidata.
Liu Xiaobo
È un attivista e intellettuale cinese. Laureato in letteratura, è da molti anni impegnato per la difesa dei diritti civili in Cina spesso non rispettati dal governo di Pechino. Nel 1989 Xiaobo partecipò anche alle manifestazioni in piazza Tiananmen. Nel 1991 fu accusato di voler sovvertire il regime e nel 1996 fu condannato a tre anni di lavoro in un campo di rieducazione per «disturbo della quiete pubblica» per aver criticato il partito comunista cinese.
In occasione del sessantesimo anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, nel dicembre del 2008 Xiaobo ha sottoscritto il manifesto Charta 08, successivamente pubblicato online da oltre 300 intellettuali e attivisti cinesi. Xiaobo venne arrestato due giorni prima della pubblicazione del manifesto e dopo mesi di prigionia, nel giugno del 2009 gli inquirenti hanno confermato l’arresto per atti sovversivi contro il governo. Nel dicembre dello stesso anno, Xiaobo è stato condannato a undici anni di prigionia, una sentenza molto criticata all’estero e contro la quale si sono mossi gli Stati Uniti e altri paese, senza ottenere però alcuna apertura da Pechino.
La candidatura di Xiaobo al premio Nobel per la pace è stata proposta nel gennaio di quest’anno. L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, da Desmond Tutu e il Dalai Lama. Ma Zhaoxu, il ministro degli esteri cinese, sostiene che consegnare il premio all’attivista sarebbe un grave errore. I componenti del comitato del Nobel hanno assicurato che le dichiarazioni del ministro non condizioneranno la loro scelta finale.