I primi duecento anni del Messico
Milioni di persone festeggiano in strada, nonostante le paure per la guerra alla droga
All’alba del 16 settembre 1810 il curato di Dolores Hidalgo, Miguel Hidalgo y Costilla, soprannominato Padre Hidalgo, suonò le campane a martello della sua chiesa, radunò gli abitanti della città e fece il discorso che viene considerato la scintilla di partenza della Guerra di Indipendenza contro la Spagna, culminato nel grito de dolores finale che esortava il popolo messicano a ribellarsi e riprendersi la propria terra.
Ieri sera, il presidente messicano Felipe Calderon ha suonato quella stessa campana — che ora si trova nella cornice più alta del balcone presidenziale nel Palazzo Nazionale di Città del Messico — e ha ripetuto le parole che duecento anni fa esatti disse Hidalgo, con una piccola aggiunta: «Lunga vita all’indipendenza. Lunga vita al bicentenario. Lunga vita al Messico!»
Gli auspici da soli non bastano, ma servono. Da decenni il paese sta affrontando una guerra alla droga violenta e di proporzioni enormi. Negli ultimi quattro anni, da quando Calderon è diventato presidente e per la prima volta ha posto il problema dei narcotrafficanti in cima al programma di un governo messicano, sono morte circa 28 mila persone per crimini legati alla droga, tra narcotrafficanti, civili e forze dell’ordine. È in corso una battaglia sanguinosa ed esplicita tra diversi cartelli della droga che si contendono i territori, in particolare le rotte verso gli Stati Uniti: e i narcotrafficanti non operano nell’ombra, anzi, cercano di mostrare il più possibile il loro potere e la loro efferatezza.
L’atmosfera per i festeggiamenti dei duecento anni del Messico è strana. Settantaquattro mila tra poliziotti e soldati sono stati dispiegati in tutta la nazione per evitare incidenti, appostati agli angoli delle strade, o sui tetti armati di fucili da cecchino. Parecchi messicani hanno preferito rimanere a casa per non rischiare di essere coinvolti in eventuali violenze (soprattutto, ovviamente, nelle città più colpite dai narcotrafficanti, nel nord), ma sono centinaia di migliaia le persone che sono scese nelle strade della capitale nonostante i timori, suonando e ballando al seguito delle parate, assistendo agli imponenti fuochi d’artificio organizzati dalla città, che per i festeggiamenti ha speso 30 milioni di euro.
Nelle ultime settimane le buone notizie sono state più del solito: due leader catturati, altri arresti minori e 3.200 poliziotti licenziati o incriminati per connessioni con i cartelli o semplice inefficenza. Nonostante questo la strada da fare è ancora lunghissima e con il sostegno dell’amministrazione Obama — che ha dichiarato di voler «condividere la responsabilità» della guerra, dato che buona parte della droga finisce negli Stati Uniti — Calderon spera di sconfiggere, o quantomeno arginare il più possibile, un problema che è però radicato anche nelle sfere politiche della nazione. Di certo, per quanto minimi, gli ultimi successi delle autorità hanno rincuorato un po’ i messicani.
Per la cronaca: Padre Hidalgo, dopo aver sconfitto l’esercito spagnolo a Città del Messico, venne tradito da uno dei suoi uomini. Venne catturato, condannato a morte e fucilato il 30 luglio 1811. Chiese di non essere bendato e di ricevere uno sparo sulla mano destra, per tenerla sul cuore in punto di morte.