La linea della morte
Il Secolo spiega perché la Libia ha attaccato il peschereccio italiano
Domenica scorsa una motovedetta libica ha sparato contro un peschereccio di Mazara del Vallo in Sicilia che non si era fermato a un alt. A bordo della motovedetta c’erano anche sei finanzieri italiani: l’imbarcazione era una delle sei che l’Italia aveva consegnato alla Libia nell’ambito del trattato di “amiciza” stretto tra i due governi. La Libia ha poi chiesto scusa e il nostro ministro dell’interno Roberto Maroni ha dichiarato che «probabilmente l’avevano scambiato per una nave con clandestini».
Il Secolo d’Italia prova a spiegare che l’attacco viene da lontano, partendo dal 19 ottobre 1973, il giorno in cui la Libia rivendicò il Golfo della Sirte come territorio nazionale anche oltre il limite dei 22,2 km dalla costa dello standard internazionale.
È dal 1973, da quando il colonnello Gheddafi tracciò la “Linea della morte”, in prossimità del 32esimo parallelo, che le acque comprese tra Misurata a ovest e Bengasi a est, vengono considerate dalla Libia come territorio nazionale, con una zona di pesca che si estende per 62 miglia marine. Tripoli si appellò allora al principio delle baie storiche, «ma l’idea confligge con il fatto che il Golfo della Sirte è troppo grande e troppo aperto, oltre che con ragioni storiche», ha spiegato Stefano Silvestri, Presidente dell’Istituto affari internazionali. «Tutti all’epoca contestarono la mossa di Gheddafi – ha aggiunto – anche l’Italia, anche Paesi che non avevano alcun interesse nel Mediterraneo. Quello che è abbastanza ridicolo in tutta questa faccenda è che avendo firmato dei trattati, non definiamo una volta per tutte questa questione con la Libia».
Nel corso degli anni gli unici che tentarono di forzare la linea furono gli Stati Uniti, chiedendo alla Libia di rispettare gli standard e permettere loro di effettuare operazioni navali entro i limiti riconosciuti internazionalmente. Le schermaglie iniziarono nel 1981 e portarono all’operazione aeronavale El Dorado Canyon del 1986.
I bombardieri americani, che partirono da alcune basi in Gran Bretagna, appoggiati dalle portaerei della Us Navy Saratoga, America e Coral Sea, che incrociavano nel Golfo della Sirte, «fecero tutto il giro dell’Europa, perché nessuno Stato europeo gli diede il permesso di sorvolo, e andarono a bombardare le principali basi militari libiche, compreso il comando libico. In uno di questi bombardamenti morì una delle figlie adottive di Gheddafi». L’operazione, che faceva seguito a una serie di schermaglie armate, fu ordinata dal presidente Usa Reagan, dopo l’attentato del 5 aprile 1986 in una discoteca di Berlino Ovest, nella quale rimasero uccisi due militari americani e una donna turca. L’intelligence americana sostenne di avere prove inconfutabili del coinvolgimento libico.
Come ritorsione all’attacco, il 15 aprile la Libia attaccò Lampedusa lanciando missili su un’installazione militare statunitense, senza causare danni.