Il cashmere e l’avanzata del deserto
Il Sole24Ore spiega perché il costo della fibra tessile continua ad aumentare
Il costo dei tessuti in cashmere continua ad aumentare e il Sole 24 Ore spiega di chi è la colpa: “inverno, deserto e Cina”.
Il vostro golf di cashmere, una volta indossato, non è così caldo, leggero e morbido come vi sareste aspettati e come il suo alto prezzo sembrava promettere? Oppure avete verificato in etichetta la presenza di percentuali di seta, cotone o altre lane? Ebbene, dovrete distribuire equamente la colpa a deserto, inverno e Cina, tre fattori che stanno rendendo inavvicinabili i prezzi del cashmere di miglior qualità.
Il primo elemento è la lotta contro la desertificazione che assedia Pechino. Le capre da cui proviene il vello più prezioso sono presenti in gran numero in Mongolia e nella regione cinese della Mongolia interna, e il loro effetto sulle distese erbose è molto simile a quello che nel tardo impero romano veniva attribuito agli Unni di Attila. Negli anni passati il pregio del cashmere aveva convinto le autorità cinesi a promuovere gli allevamenti, con il duplice effetto, non proprio gradito, di ridimensionare il prezzo della fibra e di accelerare lo sfruttamento dei pascoli, devastati, appunto, dalle abitudini alimentari delle capre.
Contro l’avanzata del deserto, il governo cinese è corso ai ripari, eliminando gli incentivi agli allevatori. Ma i prezzi convenienti avevano già innescato un’espansione dei consumi da parte delle aziende tessili locali, la cui richiesta oggi è soddisfatta grazie a incroci di razze capaci di fornire una resa migliore, ma solo quantitativamente. Il cashmere di buona qualità è diventato più raro e quindi ha visto le sue quotazioni aumentare.
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