La privatizzazione del lavoro a Cuba
Il governo cubano ha previsto tagli per 500mila impiegati nel settore pubblico e la creazione di 250mila nuove licenze
Dopo aver reso lo Stato il primo datore di lavoro sull’isola per decenni, il governo di Cuba si appresta ad affidarsi maggiormente al settore privato, col maggiore investimento in questo senso dall’inizio della rivoluzione. Entro la fine del prossimo marzo, le autorità cubane hanno confermato un progetto per ridurre di 500mila unità il numero di impiegati nel settore pubblico. Si tratta della più importante operazione per il mercato del lavoro di Cuba dagli anni Sessanta.
I primi licenziamenti inizieranno a breve e l’operazione proseguirà nei primi mesi del 2011. Il numero complessivo dei tagli di posti di lavoro potrebbe raggiungere anche il milione, riferisce MSNBC, ma al momento non ci sono previsioni certe da parte della Confederazione dei lavoratori cubani, l’unico sindacato riconosciuto dal governo che conta tre milioni di iscritti. Con i nuovi tagli le autorità cubane confidano di poter ridurre la spesa pubblica e riorganizzare il settore pubblico.
Lo Stato è il primo datore di lavoro a Cuba. Alla fine del 2009 per il pubblico lavoravano più di cinque milioni di persone, pari all’85% della forza lavoro dell’isola. Chi dovrà abbandonare il proprio impiego statale potrà fare domanda per un lavoro nel settore privato e nelle cooperative già presenti o in fase di avvio a Cuba. Attualmente, a Cuba nel settore privato lavorano 591mila impiegati, lavoratori autonomi compresi.
Per facilitare la transizione, il prossimo anno il governo dovrebbe rilasciare 250mila nuove licenze per il settore privato, raddoppiando così il numero di permessi oggi in vigore sull’isola. Alle licenze dovrebbero poi affiancarsi 200mila altri posti di lavoro fuori dal settore pubblico per compensare la riduzione del personale che lavora per lo Stato. Nella maggior parte dei casi si tratterà di licenze e impieghi per piccoli bar, ristoranti, autorimesse e lavori di ufficio.
Il piano è una delle più importanti riforme volute dal presidente Raul Castro, succeduto al fratello Fidel Castro nei primi mesi del 2008, e costituisce uno dei più grandi passaggi verso il settore privato da quando le piccole imprese – 58mila in totale, con una media di cinque/otto impiegati, secondo l’economista cubano Juan Triana – furono nazionalizzate nel 1968.
Ogni lavoratore licenziato nel settore pubblico riceverà la proposta per un nuovo impiego, ma non sarà obbligato ad accettarla. In tal caso, scatterà un sussidio di disoccupazione pari al 70% del proprio stipendio nel settore pubblico, ma avrà una durata di soli tre mesi. Con questa soluzione, le autorità cubane sperano di incentivare il rapido passaggio dal pubblico al privato riducendo tempi e costi dell’operazione. Il progetto segue di pochi giorni le controverse dichiarazioni di Fidel Castro sul modello economico cubano.
Uno stipendio a Cuba è mediamente pari a 20 dollari al mese e le condizioni di vita non sono facili. Assistenza sanitaria e istruzione sono garantite dallo Stato, che offre anche sussidi per i generi alimentari di prima necessità e per i mutui.